Confermate in cassazione le condanne per il fallimento dell’Amia, l’ex municipalizzata di Palermo che gestiva il servizio di raccolta dei rifiuti prima del suo crack. Dunque diventano definitive le condanne per i vertici della società, oggi sostituita dalla Rap, la nuova municipalizzata sempre del Comune. Per i quattro imputati in totale sono stati inflitti 14 anni di reclusione per bancarotta fraudolenta.
La suprema corte in buona sostanza ha respinto il ricorso dei quattro imputati confermando quindi le pene che erano state inflitte in appello: 4 anni a testa per l’ex presidente dell’Amia Enzo Galioto e l’ex direttore generale Orazio Colimberti. Tre anni invece sono stati inflitti agli allora componenti del consiglio di amministrazione dell’azienda, Angelo Canzoneri e Paolo Barbasso. Un quinto imputato, Franco Arcudi, nel frattempo è deceduto e dunque in automatico per lui si è estinto il processo. Secondo l’accusa gli imputati, a vario titolo, avrebbero iscritto nel bilancio del 2005 false plusvalenze derivanti da vendite di automezzi e di immobili, mai realizzate, per un valore di 16 milioni di euro.
Con queste operazioni considerate artificiose nel corso dei vari dibattimenti i vertici della società avrebbero tenuto in vita l’Amia che “altrimenti – come sostenne l’accusa in primo grado – avrebbe dovuto essere ricapitalizzata o messa in liquidazione o assoggettata a procedure concorsuali”. Già primo grado gli imputati furono condannati. Nel 2013 la prescrizione aveva salvato Colimberti e Galioto da un altro processo in cui rispondevano di falso in bilancio. La mancata querela da parte dell’ex sindaco Diego Cammarata non aveva fatto scattare l’aggravante che avrebbe aumentato i tempi della prescrizione.
Questo non è il solo processo che ha riguardato l’Amia. Un altro si è chiuso nei mesi scorsi davanti la quarta sezione collegiale del tribunale di Palermo con un’assoluzione perché il fatto non sussiste. Si tratta dei sette imputati finiti sotto processo in una delle diverse vicende legate a presunte malagestio della discarica palermitana di Bellolampo. Scagionati da ogni accusa il dirigente del dipartimento di Protezione civile Pietro Lo Monaco, i tre commissari dell’Amia Sebastiano Sorbello, Paolo Lupo e Francesco Foti, e i dirigenti della stessa azienda, Nicolò Gervasi, Antonino Putrone e Pasquale Fradella.