“E’ come rivivere il dramma di quel 27 giugno del 1980. Queste dichiarazioni non mi fanno stare bene perché ogni volta che si riaprono questi scenari, questi ricordi si rivive in qualche modo l’angoscia di quei momenti. Ho anche smesso di elucubrare molto su questa vicenda. Parto da un fatto certo che è una sentenza passata in giudicato che fu un missile ad abbattere l’aereo. Al di la della farneticazione che affiorano di tanto in tanto da parte di personaggi più o meno politici. Non capisco quali interessi abbiano.

Salvare la credibilità della nazione? Dichiarazioni come quella di Giuliano Amato vanno nel senso opposto ed è la ragione per cui non voglio pensare a quanto successo in tutti questi anni perché si è persa ogni credibilità. E’ sicuro, è certo che i vertici militari, i vertici politici sapessero già da quaranta anni fa che cosa successe quella notte. Ci sono anche documenti storici in archivio che elencano una serie di eventi che messi insieme con l’esito dell’abbattimento dell’aereo delineano un quadro molto chiaro e definito”. Riccardo Molteni ingegnere è stato campione di pesca subacquea. Nella tragedia del Dc 9 ha perso il padre Annino Molteni, 59 anni, bergamasco, che insieme alla moglie Silvana Collina, romagnola si erano trasferiti a Palermo. Annino Molteni lavorava alla Ispea, (industria sali potassici e affini), per conto della quale fece il viaggio a Milano con ritorno da Bologna.

Il ricordo di Molteni

La sera del 27 giugno di 43 anni Riccardo era a Ustica per una gara internazionale: si svolgeva nell’isola la coppa Europa di pesca subacquea e faceva parte della nazionale italiana. “Al villaggio quella sera c’era una serata evento con la partecipazione di tutte le squadre partecipanti. A un tratto arrivò un avviso al villaggio su un aereo scomparso. C’era anche una nave militare nell’isola per la rassegna vennero chiamati tutti i militari che erano presenti al villaggio. Io chiamai mia madre perché era arrivata la notizia di un aereo proveniente da Roma o da Milano che non si trovava – aggiunge Riccardo Molteni – Io non sapevo che mio padre fosse nel Dc 9. C’era un mio amico di Bologna che doveva venire qui per la rassegna chiamai mia madre per chiedere il numero di telefono di Fausto questo mio amico per sapere se tutto andasse bene. Mia madre mi disse che anche lei aspettava papà. Papà era stato a Milano e avevo preso l’aereo da Bologna. Io era nella cabina telefonica della piazzetta di Ustica, mi sono seduto per terra visto che era arrivata la notizia che l’aereo che non si trovava era partito da Bologna. La mattina ho preso l’aliscafo. Un dramma che non voglio ricordare”.

Il dramma dei familiari

Per i familiari delle vittime queste dichiarazioni creano ansia, dolore. Fanno rivivere momenti molto drammatici. “L’abbattimento dell’aereo è certo – aggiunge Riccardo Molteni – che poi sia stato un missile sparato da un aereo americano o francese avevano il medesimo obiettivo, intercettare un aereo libico partito dalla Jugoslavia dopo un periodo di manutenzione con il benestare occulto del governo italiano che consentiva il passaggio nei territori della penisola. Qualcosa quella sera è andato storto e ha portato all’abbattimento del Dc 9. Io mi baso su una sentenza passata in giudicato che ha stabilito che l’aereo è stato abbattuto da un missile. Leggo di dichiarazione ancora adesso circa la tesi della bomba da parte di generali dell’aeronautica che smentiscono quanto stabilito da una sentenza. Siamo nel paese dei balocchi. Non mi faccia dire altro”.

 

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