“Immaginate ognuno di voi cosa ha significato perdere un fratello per mano di certa gente che si definisce mafiosa. Un dolore che nessuno può descrivere Io stesso in 25 anni non sono riuscito ad andare sul luogo del suo martirio, ma solamente qualche giorno prima di Natale e vedere il casolare di campagna è stato come tornare indietro di 25 anni e all’orrore di quei giorni”.
Così Nicola Di Matteo, fratello di Giuseppe che ha preso la parola alla fine dell’incontro organizzato nel salone della parrocchia dal sindaco del Comune di Altofonte Angela De Luca per ricordare Giuseppe, figlio del collaboratore Santino Di Matteo rapito e sciolto nell’acido nelle campagne di San Giuseppe Jato a 25 anni dall’omicidio.
Il sindaco del Comune Angela De Luca ha organizzato una manifestazione nel salone parrocchiale della Chiesa madre Santa Maria alla quale hanno preso parte il fratello di Giuseppe, Nicola Di Matteo, l’assessore regionale Roberto Lagalla, il presidente della commissione regionale antimafia Claudio Fava, il presidente del parlamento della legalità Nicolò Mannino e numerosi sindaci del comprensorio.
All’incontro ha anche partecipato in collegamento telefonico Nicola Morra presidente nazionale della commissione nazionale antimafia. “Per quale motivo – ha detto Morra – i carcerieri del piccolo Di Matteo erano incappucciati? I mafiosi tra di loro si conoscono. E’ possibile che anche nel rapimento e nell’uccisione del piccolo Di Matteo siano coinvolti pezzi dello Stato che cercavano di bloccare insorgenza di una coscienza civile?”
Per Claudio Fava ci sono tante analogie tra l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo e quanto avveniva nei campi di concentramento nazisti. “Per combattere il nazismo abbiamo mostrato giorno per giorno l’orrore dei campi di sterminio. Lo stesso si deve fare con i delitti efferati di Cosa Nostra che è la stessa di 25 anni fa. Ha solo cambiato strategia per opportunità, ma sono certo che per qualche motivo una famiglia mafiosa, per raggiungere un obiettivo, sarebbe disposta di nuovo ad uccidere e sciogliere nell’acido un altro bambino. Bisogna mostrare a tutti la banalità del male”.
Ha preso la parola anche Monica Genovese avvocato della famiglia del piccolo Di Matteo che assiste il fratello Nicola e la madre Franca Castellese.
“In questi anni duranti tutti i processi nelle varie aule di tribunale due sono gli aspetti che è giusto sottolineare in questo giorno: il primo è che da parte degli assassini non sono arrivate mai le scuse alla famiglia per l’orrendo delitto. La famiglia avrebbe voluto le scuse che non sono mai arrivate. Il secondo è che accanto agli uomini hanno commesso questo delitto c’erano tantissimi testimoni, mogli, figlie e figli. Nessuno di loro ha avuto il coraggio e la forza di denunciare quanto di orribile stava avvenendo nelle campagna siciliane in oltre 779 giorni di prigionia”.
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