L’alluvione del 15 luglio del 2020 a Palermo è stato un evento imprevedibile ed eccezionale. E dunque Comune e Amap non hanno alcuna responsabilità su quanto successo. Il giudice Cinzia Ferreri della quinta sezione del tribunale di Palermo ha ribaltato la sentenza del giudice di Pace che aveva accolto la richiesta risarcitoria di una donna per i danni provocati dall’alluvione.

Dati pluviometrici eccezionali

“Dalla documentazione emerge che i pluviometri dislocati nell’area di Palermo hanno registrato che in circa 2 ore sono caduti tra i 120 e i 134 mm di pioggia, coinvolgendo un’area estremamente localizzata di circa 12-15 Km quadrati – si legge nella sentenza – All’andamento delle piogge medie mensili calcolate sulle serie storiche dei pluviometri dislocati negli anni nella città di Palermo, l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale-Ispra nella propria relazione tecnica ha evidenziato che i mesi estivi sono generalmente caratterizzati da medie ben al di sotto dei 30 mm, con massimi mensili nel mese di luglio non superiori ai 40-50 mm e che nelle 3 ore del nubifragio di Palermo sono caduti quantitativi di pioggia paragonabili a quelli che in media si verificano in un intero mese del periodo invernale.

Classificazione dell’evento da parte della Protezione Civile

Il servizio di Protezione civile, ha classificato il fenomeno come evento “con tempo di ritorno di quasi 120 anni e ha evidenziato che l’evento meteorico particolarmente raro ha determinato l’esondazione del canale Luparello e del canale Celona e il deflusso delle acque verso valle, aggiungendo che, anche se l’infrastruttura stradale fosse stata progettata in modo più attento dal punto di vista idraulico, non avrebbe potuto reggere all’impatto di un evento di tale portata. A ciò si aggiunga che è mancata la diramazione dell’allerta meteorologica della protezione civile”.

Cause degli allagamenti

Nella relazione il consulente tecnico ha individuato le cause degli allagamenti che si sono verificati nella eccezionalità dell’evento meteorico e nella coesistenza all’interno della rete fognaria di tipo misto di acque reflue, anche allacciate abusivamente, di acqua bianche di prima pioggia, aumentate a causa dell’eccessiva urbanizzazione che ha diminuito notevolmente la permeabilità dei luoghi e di corsi d’acqua naturali provenienti dalle zone a monte – canale Passo di Rigano ed affluenti – incanalati all’interno dei canali di maltempo e quindi all’interno della rete fognaria comunale; quest’ultima non originariamente progettata e non in grado di gestire le suddette portate d’acqua soprattutto in concomitanza di importanti eventi meteorici. Il tecnico ha evidenziato che si è trattato di piogge eccezionali, statisticamente associabili a “tempi di ritorno” da 100 a 200 anni, quindi con bassissima probabilità di accadimento.

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