All’Arenella non servono le minacce per fare pagare il pizzo ai commercianti. I soldi per sostenere i carcerati vengono versati senza battere ciglio da tantissimi anche dai parenti.
E’ la regola che, in base alle indagini della Dia, hanno imposto prima i fratelli Francesco Paolo e Pietro Scotto e poi continuato Gaetano appena uscito a gennaio nel 2016 dal carcere per fine pena. A prendere Gaetano Scotto nel carcere di Rebibbia a Roma ci va il fratello Francesco Paolo con i due figli a bordo di un’auto guidata da Silvio Benanti, gestore dell’autofficina la Nuova Stella Srl di Palermo.
Quel viaggio gli uomini della Dia lo hanno seguito in diretto visto che era stata piazzata una cimice nell’auto. Benanti come si legge nell’ordinanza del gip, è “totalmente assoggettato al potere degli Scotto. Ha sempre soddisfatto qualsiasi richiesta pervenutagli dagli stessi anche perché Gaetano Scotto gli aveva garantito protezione”. “Lui diceva a me: io io due milioni al mese”, diceva Gaetano Scotto intercettato con la sorella Gaetana. “Prendevano soldi da chiunque. Prendevano soldi da chiunque”. Ma sono tante le imprese molto note in città che versano soldi senza che Gaetano Scotto debba chiedere.
“Dall’attività di indagine è emerso l’assoggettamento anche di altre attività commerciali, che avevano fatto recapitare a Scotto subito dopo la sua scarcerazione – si legge -, delle somme di denaro senza che questi avesse fatto una richiesta esplicita, proprio in virtù dell’assenza di qualsivoglia esposizione da parte di Scotto che, nella circostanza, si limitava a “riceverne i frutti” avvalendosi dei suoi accoliti incaricati della riscossione”. Per questo non viene contestata né l’estorsione a carico di Scotto, nè la partecipazione all’associazione mafiosa ad esempio del titolare dell’autofficina. Il giudice lo definisce in sintesi “un imprenditore opaco”. Così come Giovanni Tarantino, titolare di uno dei locali più conosciuti dell’Arenella, il pub-ristorante Trizzano, a pochi passi da piazza Tonnara.
Come si evince nel provvedimento del giudice, lui fu «uno dei primi soggetti, estranei al nucleo familiare, che Scotto aveva voluto incontrare al suo ritorno nel quartiere». L’atteggiamento del ristoratore si evince, sostiene l’accusa, in una intercettazione del 15 aprile 2017, quando alle 19,25 viene registrata una conversazione tra il boss e l’allora compagna Giuseppina Marceca, mentre prendevano un aperitivo proprio da Trizzano. Scotto in quella circostanza, “confermava la vicenda dei regali che gli aveva elargito Tarantino durante la detenzione, confidandole inoltre – si legge -, che durante una cena questi aveva tentato di dargli una busta contenente denaro che Scotto aveva rifiutato, ma solo perchè la consegna non era avvenuta in modo riservato, ma in presenza di altre persone”. Solo altre le società come si legge nell’ordinanza che “rappresentano per cosa nostra una proficua fonte di guadagno, come la Galati Catering srl”, Ganci titolare di diversi punti vendita di ristorazione, la Sciacca I, srl ditta di ferramenta, il ristorante Trizzano di Giovanni Tarantino, la discoteca il Moro”.
Scotto si occupava anche di allontanare ambulanti che non avevano l’autorizzazione e concedere invece spazi a chi preventivamente chiedeva il nulla osta. Poco dopo il suo arrivo per potere operare senza troppi intoppi ha mandato via dalla zona spacciatori e rapinatori. Piccoli delinquenti che attirano l’attenzione di polizia e carabinieri.