“Due persone unite nella vita e nella morte si sono ritrovate divise nella memoria”. Così Alfredo Morvillo, attuale procuratore a Termini Imerese che il Csm ha designato come prossimo capo della Procura di Trapani, spiega le ragioni che hanno indotto i familiari di Francesca Morvillo, la moglie di Giovanni Falcone, a uscire dal direttivo e a ritirare il nome dalla Fondazione. Morvillo ne parla con toni misurati perché, dice, non intende “alimentare alcuna polemica”.
Ma precisa che la decisione di farsi da parte non nasce solo dalla traslazione, non condivisa, della salma di Falcone nella chiesa di san Domenico, il Pantheon dei siciliani illustri.
“Il disagio viene da lontano”, sostiene. Per la prima volta prese forma il 23 maggio 2011. Negli interventi nell’aula bunker di Palermo, dove ogni anno si organizza una parte delle manifestazioni in ricordo del magistrato ucciso a Capaci, Morvillo ha colto un vuoto di memoria sulla figura della sorella. Il suo ruolo a fianco di Falcone ma soprattutto la condivisione di vita e di impegno civile rimasero, secondo Morvillo, in secondo piano, e non solo in quella occasione.
Ma non gli fu consentito di intervenire sul palco. Finite le manifestazioni del 2011, il magistrato scrisse al direttivo della Fondazione per annunciare le sue dimissioni legate al fatto che “l’obiettivo per il quale la Fondazione era nata non era stato raggiunto”.
Le dimissioni non vennero discusse in modo formale perché amici magistrati cercarono di svolgere un’opera di mediazione. Il disagio però rimase e nel 2015 Morvillo ripresentò le dimissioni. Non erano cambiate le condizioni che lo avevano allontanato dalla Fondazione e la traslazione della salma di Falcone venne considerata come “la goccia che fa traboccare il vaso”.
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