Il Tar accoglie la richiesta di sospensiva di un’azienda agricola siciliana che rischiava di perdere il finanziamento ottenuto nell’ambito della misura “Pacchetto giovani” del programma di sviluppo rurale. La Regione, su input dell’Agea, l’agenzia per le erogazioni in agricoltura, aveva stabilito la revoca di un finanziamento che oltretutto era stato già speso dall’azienda per realizzare l’investimento come da progetto a suo tempo approvato per un importo di 350 mila euro. A mettersi di traverso un lungo contenzioso che era sorto in seguito ad una interdittiva antimafia che aveva colpito l’azienda, la Aag snc. Dopo un lungo tira e molla il tribunale amministrativo ha accolto la richiesta di sospensiva stabilendo in una prossima data di entrare nel merito vicenda. Nelle more l’azienda non dovrà restituire le somme.

Il braccio di ferro

A distanza di anni, e a lavori oramai in procinto di essere ultimati, l’assessorato regionale dell’Agricoltura comunicava alla società beneficiaria l’avvio del procedimento di revoca del provvedimento di concessione dell’aiuto conseguito, a seguito di una informativa antimafia interdittiva resa dal ministero dell’Interno per un ravvisato presunto pericolo di infiltrazione mafiosa derivante da possibili legami parentali “pericolosi” di uno dei soci. Nelle more dell’istruttoria, variava la compagine sociale della società, con la fuoriuscita del socio la cui presenza aveva determinato l’adozione dell’informativa antimafia, venendo meno cosi il presupposto per la revoca del contributo.

Nuova impugnazione

Nonostante ciò, nel 2015, veniva disposta la revoca, in via definitiva, del decreto di concessione del contributo con contestuale richiesta di rimborso delle somme erogate alla società beneficiaria per complessivi 183 mila euro circa; provvedimento, questo, che veniva impugnato dalla società con ricorso straordinario al presidente della Regione Siciliana. Successivamente, a seguito dell’informativa antimafia “liberatoria” adottata dal ministero dell’Interno per il venir meno dei presupposti di legge, il dipartimento regionale Agricoltura disponeva la revoca in autotutela del provvedimento di revoca del contributo e il completamento del procedimento tecnico-amministrativo di chiusura del progetto finanziato; il tutto subordinato, però, al ritiro, da parte della società agricola, del ricorso straordinario al Presidente della Regione che era stato avanzato.

Il dietrofront

Inaspettatamente l’amministrazione regionale, su richiesta formulata dall’Agea, annullava in autotutela il precedente provvedimento di revoca senza nemmeno procedere alla prescritta comunicazione di avvio del procedimento. La società agricola, pertanto, decideva di agire in giudizio, con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Calogero Marino, per ottenere l’annullamento, dietro sospensione dell’esecuzione, dell’annullamento in autotutela adottato dall’amministrazione in assenza di ogni garanzia partecipativa e sulla base di contestazioni ritenute infondate. Secondo i legali della società l’amministrazione regionale avrebbe adottato il provvedimento di annullamento in autotutela, omettendo di dare la necessaria comunicazione di avvio del procedimento, impedendo di fatto alla società di presentare le proprie difese, oltre a ledere il legittimo affidamento ingenerato nella stessa.

I rischi

Inoltre, ai fini dell’accoglimento della domanda cautelare, gli avvocati Rubino e Marino rappresentavano in giudizio come, nell’ipotesi di mancata sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati, la società ricorrente sarebbe stata costretta a dover rifondere la consistente parte di contributo già erogato, pari a circa 183 mila euro, di cui ne era già stato disposto il recupero nelle more del giudizio; oltre a non poter più assumere alcun tipo di impegno nel perdurare di tale situazione, con il rischio di una inevitabile chiusura dell’attività. I giudici del Tar Palermo, ritenendo sussistente il profilo del “danno grave ed irreparabile” hanno accolto la domanda cautelare. Questo quindi comporta il fatto che fino alla definizione del giudizio la società agricola non dovrà restituire le somme già concesse.

 

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