Ronzii, fischi all’orecchio in assenza di un reale stimolo acustico? Potrebbe trattarsi di acufeni. Come riconoscere, affrontare, curare e distinguere quelli soggettivi da quelli oggettivi?
Ne parliamo con il dottor Aldo Messina in questo secondo appuntamento sull’apparato vestibolare come promesso quando ci ha dato lumi sulle vertigini. Lo facciamo a colpi di esempi in modo renderli comprensibili a chiunque, tramite un serrato botta e risposta ‘eliminando’ il superfluo, partendo dalla spiegazione, passando per i somato sound, soffermandoci sulle sfumature emozionali e cercando di far comprendere in che modo gli acufeni si possono contrastare.
Dottore Messina cosa si intende per acufene?
“Si definisce acufene qualsiasi suono percepito, seppur in assenza di una stimolazione sonora. Se volessimo spaventare i lettori diremmo che è un suono senza suono”.
Un’allucinazione?
“No: una dispercezione uditiva.
Anche quando sentiamo un formicolio al braccio, si può essere vittima di una dispercezione (in questo caso tattile) ma non ce ne preoccupiamo più di tanto”.
In altri termini quindi perché l’acufene non è un’allucinazione bensì un’alterazione di percepire mediante i sensi?
“Per il semplice fatto che da un lato l’oggetto della dispercezione è riconosciuto dal paziente come tale e dall’altro perché non determina comportamenti conseguenziali alla errata percezione”.
In pratica un po’ come dire che chi ne soffre ritiene che quello che sente sia la realtà credendo di sentire degli ordini li esegue e li asseconda?
“Si, esattamente. Chi soffre di acufeni sa che lo stimolo che percepisce non è reale e mai e poi mai, se “sente” ad esempio un suono simile ad una zanzara o ad un frigorifero, prova a prendere l’insetticida o a spegnere un interruttore. Gli acufeni non sono pertanto allucinazioni ma, per quanto detto, allucinosi.
Qual è la differenza tra allucinazione ed allucinosi?
“Non è nel contenuto, nella forma (talvolta anche gli acufenopatici “sentono” voci o musiche) del suono percepito. Il contenuto non sempre è importante potendo essere la conseguenza della normale ricostruzione che la mente effettua sugli stimoli sensoriali “strani” (Gestalt).”
Può farci un esempio per rendere ai lettori quello di cui stiamo parlando ancora più semplice?
“Se vedo una nuvola è automatico, normalissimo paragonarla, dargli una buona forma. Non è normale invece prendere un elicottero per andare a vedere da vicino l’immagine irreale credendola reale.
Pertanto l’acufene vero e proprio, come detto, è un atto dispercettivo uditivo riconosciuto come tale dal paziente, al tempo stesso la vertigine è una dispercezione spaziale”.
Addentrandoci nel cuore di questo argomento purtroppo invalidante e che riguarda circa il 20 per cento della popolazione, può chiarirci la differenza tra gli acufeni e i somato sound?
“I somato sound sono suoni del corpo, come lo sono gli scrosci di un’articolazione temporo mandibolare malata o di una tuba uditiva che presenta eccessive contrazioni. In questo caso il suono percepito è spesso avvertito anche dalle persone a noi vicine al paziente e si usa il termine di acufene oggettivo. La distinzione è importante perché i somato sound non sono la conseguenza di anomali fenomeni di riparazione dei tessuti nervosi (neuroplasticità). Si comprenderà pertanto che non appare logico proporre per i somato soud (meccanici) la stessa terapia proposta per gli acufeni (neuroplasticici).
Il soggetto con acufeni percepisce, soggettivamente dei rumori (sibili, scrosci…) alle orecchie diffusamente in testa.
La differenza tra suono e rumore è neuropsicologica e non è conseguenza dei parametri fisici (esempio frequenza ed intensità) del suono”.
Spiegazione chiarissima che forse solo lei poteva fornirci in modo così esaustivo, perché si fa spesso molta confusione tra l’oggettività e la soggettività di un suono percepito, e visto che ci piacciono molto i suoi esempi, ce ne può proporre ancora un altro in modo da rendere il tema trattato ancora più familiare di quanto già non abbia fatto?
“Se sto ascoltando un programma televisivo, per me quello che percepisco è un segnale e non un rumore.
Per mia moglie che, contemporaneamente, prova a leggere un libro, lo stesso suono del televisore invece è un rumore non un segnale. Ma se, dopo avermi rimproverato per il volume troppo alto del televisore, mia moglie trovasse interessante la trasmissione che sto seguendo e si sedesse accanto a me, anche per lei quello che prima era un rumore diverrebbe un segnale.
In altri termini è il valore emozionale che diamo ad un suono che farà la differenza”.
Ecco, mi permetto di sottolineare anzi di ripetere quello che ha appena detto, “E’ il valore emozionale che diamo ad un suono che farà la differenza.” (Anche se forse in termini giornalistici è scorretto, vorrei concedermi una piccola licenza poetica).
Detto questo può continuare a spiegare questo punto? Perché sembra avere una valenza di non poco conto, anzi …
“L’analisi della componente emozionale del suono viene operata da alcune stazioni del nostro sistema nervoso centrale.
Nei soggetti acufenopatici questo sistema si è starato.
Fattore psicologico? No. Conseguenza dell’ alterazione del sistema neurologico di analisi degli stimoli: il sistema fronto limbo striatale.
Non tutte le informazioni sensoriali giungono al cervello. Molte di esse vengono processate come poco importanti e sono filtrate da alcuni “cancelli” presenti nel sistema sensoriale che sbarrano la strada alla loro ascesa verso il cervello.”
Anche questa esperienza può essere rappresentata da un’ennesima semplificazione?
“Si certo, eccola: tornando a casa aprite la vostra buca della posta. Noterete che essa contiene tanti fogli pubblicitari e solo una lettera importante. Probabilmente riterrete illogico portare tutto dentro ed ingolfare casa con carta inutile, vi limiterete a salire solo la lettera interessante.
Nel nostro organismo la selezione, la valutazione, degli stimoli è operata da alcuni sistemi neurologici che talvolta si starano e fanno ritenere utile un’informazione (nel caso degli acufeni di tipo uditivo) assolutamente inutile”
Ci sono degli esami particolari ai quali gli acufenopatici possono sottoporsi?
“Si, perché in questi soggetti l’alterazione neurologica starata si manifesta sotto forma di disritmia talamo corticale che è tutt’altro che psicologica e che pertanto è misurabile e dimostrabile con particolari elettroencecefalografi e risonanze magnetiche funzionali”.
Cosa determina un “suono” ritenuto erroneamente importante che giunge al cervello giorno e notte?
“Siete in auto e vostra moglie vi parla da ore. La udite ma non l’ascoltare perché il vostro sistema di filtro sensoriale impedisce “l’arrivo al cervello” della sua voce.
Mentre lei parla, voi continuate a guidare ed a pensare per i fatti vostri. Ma se (malauguratamente) lei , nel corso del discorso, dovesse utilizzare un termine che desti in voi emozione (ad esempio la parola comprare) ecco che i vostri sistemi attentivi dirigeranno il vostro centro di ascolto verso vostra moglie”.
Parliamo di percentuali e quanti pazienti vanno trattati?
“Sappiamo che non tutti gli acufenopatici vanno curati. Il 20% circa della popolazione soffre di acufeni ma solo il 4% necessita di una terapia”.
Ci spiega quindi la differenza che porta a questo ribasso, cioè dal 20% al 4%?
“Abbiamo capito che un suono se carico di emozione può risvegliare i nostri processi attentivi come, ad esempio, utilizzando la parola “comprare”.
Ricalcando questo esempio il 20% della popolazione presenta acufeni ma non se ne fa un problema . E’ come se , sentendo la parola comprare, rispondesse a sé stesso “tanto non ho i soldi quindi…”.
Invece per il 4 % degli acufenopatici questo autoconvincimento purtroppo non si attiva ed è come se qualcuno gli dicesse “ comprare “ sempre giorno e notte.
Capirete che le conseguenze neuropsicpologiche saranno disastrose. Gli acufeni, saranno percepiti come debiti, non verranno vissuti come problema ma come il problema della loro vita sul quale concentrare ogni attenzione.
In termini neurologici gli acufeni diventano un problema allorquando il nostro sistema fronto linmbo striatale si altera e rende l’acufene la informazione sensoriale più importante della nostra vita, non permettendoci di vivere pienamente tutte le altre armonie (non necessariamente sonore) dell’Universo”.
Dottor Messina, quali sono le cause di un acufene?
“L’acufene, come la vertigine non è una malattia ma un sintomo di una malattia da identificare.
Costituiscono una possibile causa di acufene tutti i fattori che possano determinare un danno dell’orecchio interno, delle vie sensoriali uditive o di quelle a queste “parallele”, come le vie trigeminali”.
L’acufene si elimina?
“Si ma non sempre, rimuovendo precocemente la causa che lo ha prodotto. Negli altri casi nei quali, come detto fosse necessario, la terapia sarà di tipo riabilitativo. Ad evitare l’insorgenza nel paziente di momenti di impotenza appresa e conseguente stato depressivo, va spiegato che con la riabilitazione noi non eliminiamo l’acufene ma lo trasformiamo in uno dei tanti suoni della vita ai quali non prestiamo attenzione”.
Per concludere e andando a quella che potrebbe essere una terapia, visto che ormai ci siamo affezionati ai suoi divertenti esempi, ne può fare ancora uno in modo da aiutare a comprendere chiunque stia leggendo in questo momento quale potrebbe essere una possibile via d’uscita?
“Vostra suocera vi ha regalato un vaso cinese che sta “una picata” con il vostro arredamento.
Lo potete buttare? Certamente no.
Allora che si fa?
Lo si posiziona in un punto della stanza dove non si ha modo di vederlo.
Questa operazione di omissione visiva la attuate, subito, al momento stesso in cui ricevete il “prezioso” dono?
Certamente procederete con il vostro piano di mistificazione passo dopo passo.
Se invece sbagliaste strategia e dopo che pazientemente siete riusciti nel tempo a spostare il vaso cinese ed all’ultimo decideste, sbagliando, di metterlo in bagno, cosa succederebbe?
“Lei”( la suocera!) se ne accorgerebbe e vi farebbe notare che sarebbe meglio mettere il vaso in soggiorno. Il lavoro precedentemente portato avanti si vanificherebbe. Tornereste, come nel gioco dell’oca, al punto di partenza e vedreste vanificate le vostre mosse precedenti.
Quelli sin qui riportati, seppur a mo’ di esempio, sono i principi della riabilitazione acufenologica. Non importa la metodica utilizzata, la logica è sempre questa. Il fine sarà quello di ridurre , a poco a poco, passo dopo passo, la componente emozionale negativa prodotta dall’acufene.
Durante questo percorso un errore nei tempi o anche una frase detta dal medico stesso o dagli amici in modo non pertinente, risveglierà la suocera (scusatemi volevo dire l’acufene) e, come nel gioco dell’oca, si dovrà ricominciare daccapo, con il rischio dell’instaurarsi di fenomeni depressivi”.