In tutta la Sicilia è in corso dalle prime ore di stamani un attacco informatico da parte dei nodi siciliani del movimento femminista e transfemminista Non una di Meno e delle diverse realtà che compongono la neonata RETE REGIONALE FEMMINISTA e TRANSFEMMINISTA per il DIRITTO alla SALUTE in vista dello sciopero femminista e transfemminista dell’8 marzo.
Fino alle 13.00 di oggi un incessante mailbombing inonderà come una marea, infatti, le caselle postali degli Uffici della Regione siciliana, delle Dirigenze dell’ASP, dell’Assessorato Regionale alla Salute, del Ministero della Salute, dell’Aifa. Ecco che, i destinatari-bersaglio sono le istituzioni, regionali e nazionali, “colpevoli – dicono le donne – di aver sacrificato il diritto alla salute delle donne e il diritto all’autodeterminazione sull’altare del profitto e per il mantenimento di un sistema maschilista e patriarcale che vede nella logica dei tagli ai servizi pubblici e nell’attacco ai diritti fondamentali la sua strategia. Strategia divenuta ancora più aggressiva in fase pandemica”.
Spiegano ancora le donne: “Lo scenario è drammatico. L’obiezione di coscienza vede percentuali spaventose, 8 ginecologi su 10 sono obiettori; i già sparuti consultori familiari presenti sul territorio regionale dimenticati e abbandonati dalla Governance regionale: le strutture, da una parte non vedono fondi mentre, dall’altra vedono carenze in organico. Un numero congruo di consultori per numero di abitanti eviterebbe di sovraccaricare il personale e permetterebbe una fruizione migliore. Rivendichiamo una natura territoriale dei consultori, il loro radicamento dentro le città e il loro esser luoghi in cui vengono forniti servizi ostetrici, ginecologici, psicologici e di ascolto, per le donne biologiche e non, soggettività binarie e trans”.
“E’ importante, inoltre, riconoscere la laicità del consultorio. Non solo non vogliamo essere indirizzate ai consultori prolife quando vogliamo abortire, ma chiediamo di poter abortire con il farmacologico all’interno del consultorio stesso. L’aborto per una donna continua ad essere un’impresa titanica e invece deve esser semplice e sicuro” affermano.
I reparti di ginecologia e ostetricia vengono chiusi, ricordiamo la chiusura del Punto Nascite di Pantelleria lo scorso lockdown e l’odierna chiusura del reparto di Ginecologia dell’ospedale Cervello di Palermo (uno dei maggiori punti nascita della Sicilia, luogo di riferimento per coloro che scelgono di ricorrere all’IVG ed uno dei pochi ospedali pubblici in tutta la Sicilia in cui è possibile peraltro ricorrere all’aborto farmacologico tramite RU486) per colmare la necessità di nuovi posti letto per i pazienti Covid. Sebbene nell’agosto del 2020 siano state approvate le linee guida nazionali per la somministrazione della RU486 senza ricovero e nei consultori, la Regione Sicilia sembra non aver recepito l’informazione.
“Garantire l’accesso sicuro e gratuito all’aborto significa proteggere la vita. Garantire la gratuità della contraccezione e una più capillare educazione sessuale significa garantire prevenzione. Ridurre i consultori, impedire o rendere farraginoso l’accesso all’IVG, convertire i reparti di ostetricia e ginecologia significa attaccare il diritto alla salute delle donne, far pagare alle donne l’ennesima crisi di questo secolo generata dall’emergenza pandemica” affermano.
Concludono le donne: “L’azione di oggi è dunque un segno di resistenza da parte delle donne siciliane, è un determinato e unitario BASTA ai governanti che con le loro strategie politiche intendono far pagare alle donne le carenze strutturali in cui versa la sanità pubblica a causa dei decennali tagli, è pretendere conto e ragione della violenza che si sta perpetrando sui nostri corpi e le nostre esistenze”.