La Festa dei morti è una di quelle tradizioni che stiamo perdendo. Anno dopo anno, quella ricorrenza così cara al popolo siciliano ha perso mordente. In un mondo globale, quei piccoli appuntamenti che tanto sanno di casa e famiglia, perdono presa. E sono destinati, inesorabilmente ad essere inghiottiti, divorati e riprogrammati da un culto mondiale, abile a scavalcare popoli e religioni grazie al supporto costante e rumoroso della macchina mondiale dei media.
Tradotto in una semplice frase: la festa dei morti è stata inghiottita da Halloween. Ma anche in questo caso, a voler guardar bene tra le pieghe della storia, anche la vera tradizione di Halloween è stata manipolata e resa omogenea al diktat di un mondo che ha fatto del consumo e dei commerci la sua unica e vera religione. Oggi Halloween è un rito fondamentalmente commerciale, sul consumo a un passo dal satanismo, nell’invocazione di spettri e spiriti.
La nostra Festa dei morti era un inno alla famiglia, alle sue radici. Non soltanto il ricordo di chi ci aveva lasciato. Era una sorta di donazione da trasmettere generazione dopo generazione, come a voler mantenere intatto un Dna identitario dei nuclei familiari. Una simile politica familistica – senza dover pensare per forza a complotti – stride con la narrativa odierna. Intrisa di una profonda religiosità cattolica, la Festa dei morti era, per noi fedeli, la conferma di una missione e la certezza di una vita oltre il mondo terreno. Sentimenti che ormai sembrano abbandonati dalla Chiesa. Basti leggere il dettato dell’ultima enciclica del Santo Padre: “Fratelli tutti”. Al centro di tutto, Francesco mette l’eguaglianza tra tutti. E’ una bellissima utopia. Ma è un appello politico e sociale che non a caso, secondo molti teologi, cancella la centralità di Cristo e la primazia del dogma. Mi sto inerpicando lungo sentieri sdrucciolevoli.
Un fatto è certo. La costante perdita di saperi e valori della nostra società segna un altro passo con la dimenticanza del rito dei morti. E duole constatare che i bambini di oggi non vedranno mai quelle bancarelle di dolciumi, non avranno mai tra le mani una “pupaccena”, non riceveranno mai il “cannistru” dei morti, ricolmo di frutta secca. Dolcetto o scherzetto è il nuovo mantra. Che ci accompagna, passo dopo passo, verso la dissoluzione delle nostre identità.