Il pizzo lo pagano tutti a tappeto. Gli uomini della squadra mobile di Palermo sono riusciti ricostruire la mappa delle estorsioni nella zona di Brancaccio e Corso dei Mille nell’operazione Maredolce 2.
Negozi di detersivi, di calzature, bar, autosaloni, ristoranti, macellerie perfino l’ambulante che vende pesce che deve versare un euro per ogni chilo di calamari, orate o cozze acquistate. In questi anni di magra tutto serve per fare cassa e continuare a sostenere le famiglie dei mafiosi che sono finiti in carcere.
“E i due capi della cosca Luigi Scimò, impresario di pompe funebri con un’attività in via Amedeo D’Aosta e Salvatore Testa , che aveva fino a qualche tempo fa un’attività di rivendita di autoricambi di auto, non tralasciavano nulla. Tutti devono dare un pensierino per i cristiani nelle celle”, diceva Salvatore Testa parlando con i suoi uomini.
I due uomini d’onore grazie a società compiacenti riuscivano a piazzare la slot machine e video poker in diverse zone della città. Uova dalla galline d’oro che fruttavano tanti soldi.
Tutto ben celato da società di comodo intestate a prestanome e teste di legno. E il loro business doveva essere preservato anche dalle rapine.
Il 26 giugno del 2016 tre giovani entrano nella sala bingo Taj Mahal in via Emerico Amari a Palermo e compiono una rapina. Colpo che aveva danneggiato la famiglia visto che nella sala bingo in amministrazione giudiziaria grazie alle società compiacenti Testa e Scimò avevano piazzato le loro macchinette.
I due boss sono riusciti a ritrovare i tre giovani che hanno fatto la rapina. Le microspie dei poliziotti piazzate in Largo Cammareri Scurti hanno intercettato l’interrogatorio.
“Che è successo. Alla fine siamo sballati di testa, eravamo senza soldi”, dice uno dei giovani rapinatori. “E’ stata una sballata di testa”. E Salvatore Testa: “Ti rivolti contro di noi. Ti rivolti?” “E io non sapevo una cosa di questa. Una cosa era del curatore, se no io metto il freno a mano. Non Mi permetto di fare una cosa di queste”, risponde il rapinatore. Testa “Io non penso che non lo sapevi. Non lo sai che era tutta una cosa? Sti piccioli che fa non li vuole portare?, Non lo so”.
GLI AFFARI, LE INTERCETTAZIONI E I VIDEO
Grazie allo stesso sistema utilizzato per la gestione delle slot machine gestito quasi in regime di monopolio, utilizzando prestanome ha permesso alla cosca di aprire le case di riposo.
Gli agenti del commissariato Brancaccio e della squadra mobile ne avevano censite numerose nate come funghi negli ultimi anni senza autorizzazioni e con gestioni familiari. Ne sono state trovate in via Pianel, in via Pigafetta. Testa e Scimò programmavano la loro attività in un appartamento in via Fratelli Campo 33 a Palermo.
Qui incontravano anche i boss di altri quartieri, di altri paesi della provincia e di altri capoluoghi come Pietro Salsiera, Sergio Napolitano, Filippo Bisconti e Leo Sutera.
LE INTERVISTE AGLI INVESTIGATORI
Nel corso dell’inchiesta sono stati effettuati anche numerosi sequestri di droga e di tabacchi. La cosca controlla tutti i traffici e il territorio e nulla sfugge all’organizzazione che in poco tempo riesce a che a ritrovare gli autori dello scooter rubato al genero del capo mafia che viene fatto ricomprare dai genitori dei due ladri.
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