“Leoluca Bagarella aspettò pazientemente che si voltasse per pagare il caffè: solo allora lo freddò con due colpi alla schiena. Morì così Boris Giuliano, un poliziotto eccezionale che aveva capito “Cosa nostra” quando ancora era misteriosa e impenetrabile. Ricordo il suo raffinatissimo fiuto investigativo e l’ammirazione che suscitava nei colleghi e nei cittadini della nostra Palermo”. Lo scrive su FB Pietro Grasso in ricordo del poliziotto ucciso dalla mafia il 21 luglio del 1979.
Il Presidente del Senato continua: “La prima volta che lo incontrai era il 1970, ci ritrovammo nella stanza del Giudice Terranova. Seppe sciogliere, con gentilezza e simpatia, la mia naturale tensione: in fin dei conti all’epoca avevo 25 anni, ero solo un giovanissimo magistrato davanti a due grandi uomini dello Stato. È un ricordo a cui sono molto affezionato e che mi emoziona sempre”.
La Questura di Palermo oggi ha ricordato la tragica uccisione con una deposizione di una corona di alloro alle ore 9, sul luogo dell’omicidio ed a seguire una Messa celebrata presso la Cappella della Soledad di Piazza della Vittoria.
“Boris Giuliano rappresenta la figura straordinaria a cui tutti gli investigatori si sono ispirati”. Il questore di Palermo, Renato Cortese, ha ricordato così il capo della squadra mobile di Palermo.
Davanti al bar Lux, dove Giuliano venne raggiunto e colpito dai sicari, si sono ritrovati oggi la moglie Maria Ines, i figli Selima, Manuela e Alessandro. In via Di Blasi c’erano anche il sindaco Leoluca Orlando, funzionari di polizia, amici di Giuliano.
“Chi conosce la storia della squadra mobile di quegli anni – ha detto ancora Cortese – sa che Boris Giuliano è stato l’inventore di un metodo investigativo che ha cambiato il modo di gestire le indagini sulla mafia. Quel metodo ha reso più facile anche quello che noi facciamo oggi. Giuliano ha conosciuto anni difficili. Era solo. E’ diventato un obiettivo
da colpire”.
Boris Giuliano, tra i primi poliziotti italiani ad avere stabilito rapporti coi colleghi del Fbi e con le più importanti strutture investigative americane, aveva orientato la sua attività sul fronte degli affari di Cosa nostra e sul traffico della droga. Oltre ad avere scoperto una raffineria di eroina, aveva intercettato all’aeroporto di Punta Raisi una valigia con 600 mila dollari. Rappresentavano il compenso per una fornitura di droga alle “famiglie” italo-americane. Aveva anche individuato il covo di Bagarella, cognato di Totò Riina. Subito dopo venne eliminato.
Quando morì aveva 48 anni. Giuliano era nato a Piazza Armerina, ed aveva trascorso buona parte dell’infanzia in Libia dove il padre era sottufficiale della Marina militare.
Dopo aver vinto un concorso per diventare ufficiale di Polizia nel 1962 e aver portato a termine il corso di formazione, Giuliano chiese di essere assegnato a Palermo. Nel capoluogo siciliano dopo poco tempo entrò a far parte della locale Squadra Mobile.
La sua carriera iniziò alla Sezione Omicidi, poi divenne vice-dirigente, fino a diventare dirigente nel 1976.
Giuliano fu un brillante investigatore, dal carattere determinato. Si occupò di molte vicende ma ce n’è una in particolare intorno alla quale si imperniano molti interrogativi legati ai motivi che portarono al suo assassinio: le indagini circa la misteriosa scomparsa del giornalista Mauro De Mauro.
Di Boris Giuliano, Paolo Borsellino disse: “Se altri organismi dello stato avessero assecondato l’intelligente opera investigativa di Boris Giuliano l’organizzazione criminale mafiosa non si sarebbe sviluppata sino a questo punto, e molti omicidi, compreso quello dello stesso Giuliano non sarebbero stati commessi.”
Nel 1995, nel processo per l’omicidio Giuliano, vennero condannati all’ergastolo i boss mafiosi Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Francesco Madonia, Giuseppe Calò, Bernardo Brusca, Nenè Geraci e Francesco Spadaro come mandanti del delitto Giuliano. Leoluca Bagarella venne condannato alla stessa pena come esecutore materiale dell’omicidio.
Alessandro Giuliano, uno dei tre figli di Giorgio Boris e di Ines Leotta (moglie vedova di Giuliano), diventò anch’egli funzionario della Polizia di Stato ed investigatore. Nel 2001 scoprì e arrestò Michele Profeta, serial killer di Padova. Successivamente diresse la squadra mobile della questura di Venezia, e a partire dal 2009 è diventato dirigente della squadra mobile presso la questura di Milano.
La vita, la storia e l’importanza della figura di Boris Giuliano sono raccontate nel film “La mafia uccide solo d’estate” (di Pierfrancesco Diliberto – Pif, 2013) e in “Boris Giuliano, un poliziotto a Palermo” (miniserie TV, Raiuno, 2016).
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