La liberazione di Kherson segna “l’inizio della fine” della guerra con la Russia. Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che ha visitato la città liberata. Incontrando i soldati, il presidente ha assicurato che l’Ucraina sta avanzando ed è pronta per la pace.
Le truppe ucraine sono entrate a Kherson venerdì scorso, 11 novembre, dopo che Mosca ha ordinato il ritiro delle sue forze armate dal territorio. Nonostante ciò, il Cremlino insiste affinché il territorio resti russo.
Kherson era stata presa a marzo, poche settimane dopo l’inizio dell’invasione. La regione è diventata anche una delle quattro annesse illegalmente dopo che a settembre si è svolto un referendum farsa.
Poco dopo quel voto, il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato in una cerimonia a Mosca che le annessioni delle regioni di Luhansk, Donetsk, Zaporizhia e Kherson “non erano negoziabili”. La Russia tiene ancora sotto il suo controllo le città di Donetsk e Luhansk, occupate nel 2014, e la Crimea.
L’Assemblea generale dell’ONU ha apporvato una risoluzione contro la Russia, responsabile di aver violato il diritto internazionale invadendo l’Ucraina. La risoluzione, che prevede il pagamento da parte di Mosca di un risarcimento, è stata approvata con 94 voti favorevoli, 14 contrari e 73 astensioni.
Si tratta del più basso livello di sostegno mai registrato tra le cinque risouzioni sull’Ucraina approvate dalle Nazioni Unite, dopo l’invasione russa del 24 febbraio scorso. La risoluzione riconosce la necessità di istituire “un meccanismo internazionale di riparazione per i danni, le perdite o le lesioni” derivanti dagli “atti illeciti” della Russia contro l’Ucraina e raccomanda che i Paesi membri dell’Assemblea, in collaborazione con l’Ucraina, creino “un registro internazionale” per documentare le richieste di risarcimento e le informazioni su danni, perdite o lesioni agli ucraini e al governo causati da Mosca.
Hanno votato no, oltre ovviamente la Russia, Cina, Bielorussia, Zimbabwe, Iran, Corea del Nord, Cuba, Mali, Nicaragua, Siria, Commonwealth delle Bahamas, Repubblica Centrafricana, Eritrea ed Etiopia.