Il fondatore di Wikileaks, Julian Assange, potrà essere estradato negli Stati Uniti d’America. Decisione approvata dalla ministra dell’Interno del Regno Unito, Priti Pauel.
Come riportato dalla BBC, ora Assange ha 14 giorni per presentare ricorso e, stando a quanto appreso, lo farà. Il ministro ha spiegato che i giudici hanno ritenuto che l’estradizione non è “incombatibile con i suoi diritti umani” e che, mentre si troverà negli USA, “sarà trattato in modo appropriato”.
Assange è ricercato dalle autorità americane per i documenti trapelati nel 2010 e nel 2011 e che, secondo gli USA, hanno infranto la legge e messo in pericolo vite umane. Tra i file diffusi anche quelli relativi alle guerre in Iraq e Afghanistan.
L’australiano, al momento, è detenuto nella prigione di Belmarsh, a Londra, dopo avere combattuto una lunga battaglia per evitare l’estradizione (che consente a un Paese di chiedere a un altro di consegnare un sospettato per affrontare un processo).
La moglie di Assange, Stella, ha dichiarato che il marito non ha commesso “nulla di male”, “nessun crimine. È un giornalista e un editore e viene punito per aver fatto il suo lavoro”.
“La decisione del governo di Londra di consentire l’estradizione di Julian Assange negli USA è un attacco alla libertà di informare. Assange, che negli Stati Uniti rischia fino a 175 anni di carcere, ha semplicemente divulgato documenti relativi a questioni di grande interesse pubblico. È grave che la ministra dell’Interno britannica Priti Patel non ne abbia tenuto conto. La sua decisione rappresenta un precedente pericoloso e poco edificante per qualsiasi Paese che si professi democratico”. Lo ha affermato, in una nota, Raffaele Lorusso, segretario generale della Federazione nazionale della Stampa italiana. Martedì 21 giugno, alle 15.30, si terrà nella sede FNSI a Roma una iniziativa a sostegno della campagna FreeAssange.
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