La preside dell’istituto tecnico professionale Ipsia Marconi di Imperia, Anna Rita Zappulla, 62 anni originaria di Marsala, è stata arrestata in flagranza di reato con l’accusa di peculato.
Le circostanze che hanno portato al clamoroso provvedimento si riferiscono ad un’inchiesta coordinata dalla pm Grazia Pradella. Le contestazioni sarebbero relative all’utilizzo da parte della professoressa dell’auto di servizio della scuola che dirige.
L’arresto sarebbe avvenuto al rientro da una gita in Costa Azzurra proprio con l’auto di servizio. Il provvedimento è stato eseguito dai carabinieri al confine di Ventimiglia.
La docente non ha saputo in alcun modo giustificare il viaggio in Francia con l’auto di servizio. Per i carabinieri quel viaggio non aveva “alcuna motivazione riconducibile all’attività lavorativa svolta, in più era con familiari”.
L’inchiesta, spiegano i carabinieri, ha consentito di “acclarare l’abitualità della condotta, facendo emergere il pieno uso per finalità private di un bene di cui la preside aveva la disponibilità”, ma “per i soli fini connessi al suo ruolo”.
La preside finita in manette dirige oltre ll’Ipsia anche l’Istituto Colombo e il Centro Levante a Sanremo. In passato era stata preside di vari istituti in Sicilia – preside dello scientifico Palmeri a Palermo – e nel nord Italia.
Imperia, usava l’auto della scuola per andare in gita, arrestata la preside
E’ stata portata in carcere a Pontedecimo e martedì potrebbe essere portata davanti al gip per l’interrogatorio di convalida.
“Io sono un dirigente, posso autogestirmi”. Così Anna Rita Zappulla, ha cercato di giustificarsi con i carabinieri al momento in cui è stata fermata a Ventimiglia con l’auto della scuola, una Toyota Corolla. In quest’ultimo episodio la preside era stata per oltre un’ora a Mentone in Costa Azzurra, a pochi chilometri da Ventimiglia. All’interno della scuola dava fastidio che l’auto, in uso a tutto il corpo docente e amministrativo, era di fatto sempre nella disponibilità della preside. Dopo una segnalazione, i militari hanno cominciato appostamenti e avviato intercettazioni telefoniche e ambientali che hanno portato a individuare più violazioni. Con l’accusa di peculato, la donna rischia una pena fino a 10 anni.
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