Una sorta di palla reticolata, una specie di luna piena che mostra una rete dalle misteriose funzioni.
E’ stata scoperta della Polizia Provinciale di Brescia nei boschi di Pezzaze. In realtà, una trappola per la cattura degli uccelli. Un mezzo di caccia illegale con un sistema a molla armato con un’esca. Appena lo sfortunato volatile tocca il meccanismo, la “luna” si chiude in una morsa che non lascia scampo al povero animale che vi rimane schiacciato.
Stante quanto comunicato dalla stessa Polizia Provinciale, il soggetto ora denunciato sarebbe una persona nota, definito addirittura “storico”.
Perchè, allora, continua la sua attività?
Gli ambientalisti hanno in più occasioni sostenuto che la legge che dovrebbe tutelare la fauna selvatica (quella cosiddetta “caccia”) è inadeguata per affrontare il fenomeno del bracconaggio. Reati di sola natura contravvenzionale, in buona parte con previsione di oblazione e con tempi di prescrizione troppo bassi. Essendo quelli contravvenzionali reati minori sono poi teoricamente passibili di applicazione della legge sulla impunibilità, voluta dal precedente Governo nazionale. Forse non per le persone già pregiudicate, ma di certo un elemento in più per rendere meno incerta l’attività dei bracconieri. Per questo le associazioni ambientaliste hanno chiesto a gran voce l’inasprimento delle pene tramite l’inserimento di più potenti reati-delitti. Se correttamente formulati possono costituire deterrenti validi per quella che le associazioni definiscono una vera e propria emergenza nazionale.
Tanto grave è la situazione che l’Unione Europea ha aperto nei confronti dell’Italia un fasciolo EU-Pilot, propedeutico alla procedura d’infrazione, proprio per la mancata adeguata repressione del bracconaggio.
Eppure, proprio in Italia, insistono veri e propri mercati di fauna selvatica. Uno è addirittura in pubblica, messo in “sicurezza” dal dedalo di viuzze del mercato palermitano di Ballarò.
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