Cos'ha detto dal carcere

Strage di Erba, “Io e Rosa siamo stati incastrati”, parla Olindo Romano

Olindo Romano è stato condannato all’ergastolo, in concorso con la moglie Rosa Bazzi, per avere ucciso Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. La Strage di Erba è avvenuta l’11 dicembre 2006.

A distanza di 16 anni, Olindo, 60 anni, ex netturbino, recluso nel carcere di Opera, a Milano, ha parlato all’Adnkronos e ha raccontato: “In cella la vita è sempre quella, nulla di nuovo. Per passare un po’ il tempo continuo a lavorare in cucina, per il resto sto senza far niente tutto il giorno, spesso in compagnia di qualche altro detenuto costretto come me in questo carcere”.

“Sempre convinto della nostra innocenza”

I suoi avvocati stanno lavorando a una richiesta di revisione del processo perché ci sarebbero “nuove prove e un testimone chiave”. A tal proposito, Olindo Romano ha detto: “Sono stato convinto della mia innocenza e di quella di Rosa e non è più l’unico, grazie a Dio, a credere che io e mia moglie non abbiamo commesso la strage di Erba. Non so perché non sia stata approfondita la pista dello spaccio di droga, continuo a pensare che sia stato più semplice incastrare due persone come noi non sveglissime e inconsapevoli di quello che ci stava piombando addosso”.

“Mi capita di ripensare a quei giorni e a come ci hanno abbindolato e preso in giro – ha spiegato – tanto che solo quando ci hanno portato al Bassone (la casa circondariale di Como, n.d.r.), ci siamo accorti che i sospettati eravamo noi. Da allora tutto è assurdo e continua a essere irreale. Io le liti dalla casa di Raffaella e Azouz le ricordo bene, litigavano spesso, ma non per questo abbiamo pensato di fare una strage. E, in effetti, non c’entriamo nulla. Chi è stato? Non lo so, diversamente lo avrei già detto ai miei avvocati, ma di certo una strage simile può farla solo chi è abituato a fare quelle cose, non penso sia facile improvvisare un fatto del genere così efferato”.

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“Frigerio (Mario, marito di Valeria Cherubini e unico superstite, n.d.r.) è stato utilizzato come noi. Ripenso a quell’uomo, quando lo incontravo: era una brava persona, per questo credo che abbiano manipolato i suoi ricordi per farlo testimoniare contro di noi. Io lo considero una vittima come noi”, ha proseguito.

Oggi Olindo è naturalmente separato salla moglie: “È dura, ma in qualche modo la vita in carcere va avanti, vedo Rosa appena è possibile. Due giorni prima di Natale sono andato a colloquio da lei a Bollate e sono contento. Mi tiene a galla il pensiero che prima o poi, spero prima che poi, si possa accertare che non abbiamo commesso noi la strage di Erba”.

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