Le parole dell'ex premier a Napoli

Per Silvio Berlusconi “gli ucraini devono accogliere le domande di Putin”

Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, ha rilasciato ai cronisti a Napoli, al termine del suo pranzo a Marechiaro (Posillipo), dichiarazioni sulla guerra in Ucraina destinate a fare discutere.

Innanzitutto, l’ex premier ha detto: “Io dico che inviare armi significa essere cobelligeranti, significa essere anche noi in guerra. Cerchiamo di far finire in fretta questa guerra e se dovessimo inviare armi sarebbe meglio non farne tanta pubblicità”.

E ancora: “Bisogna arrivare assolutamente il più presto possibile a una pace perché altrimenti vanno avanti le devastazioni e le stragi. Io credo che l’Europa si debba mettere tutta unita insieme a fare una proposta di pace a Putin e agli ucraini, cercando di far accogliere dagli ucraini quelle che sono le domande di Putin”.

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E le sanzioni? “Hanno fatto molto male all’economia sovietica, si prevede un calo del PIL addirittura del 14%, ma hanno fatto molto male anche a noi. E adesso il grande dubbio è sul gas, è un’ipotesi sconvolgente perché ci porterebbe alla chiusura di centinaia e centinaia di migliaia di aziende, alla perdita di tre milioni di posti di lavoro, quindi a un dilagare della povertà in Italia, e dovremmo andare in giro i prossimi inverni con il cappotto addosso in casa e una cambiale in mano. Non voglio nemmeno pensare che questo possa succedere, certamente per portare Putin al tavolo delle trattative non bisogna fare le dichiarazioni che sento venire da tutte le parti, dalla Gran Bretagna, dalla NATO“.

Una prima reazione stizzita è stata quella di Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria e fondatore di Italia al Centro: “‘Mandare armi ad un popolo invaso è cobelligeranza? L’Ue convinca Kiev ad accettare richieste della Russia’. Presidente Berlusconi, spero di non aver capito le sue parole o che sia stato frainteso! L’Ucraina invasa ha diritto di difendersi, i popoli liberi hanno il dovere di aiutarla. L’unica pace possibile è il ritiro della Russia. Una pace diversa si chiamerebbe resa”.

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