Basta “discriminazioni” e stop all’ “immobilismo preoccupante” anche di questo governo sui magistrati onorari , con le direttive europee imposte all’Italia che restano ancora “disattese” . La Consulta della magistratura onoraria con un comunicato ricorda le ragioni dello sciopero della categoria in atto da oggi e che andrà avanti per tutta la settimana, indetto dopo diversi “vani tentativi di avere risposte soddisfacenti dal governo”.
La polemica
I problemi aperti sono tanti. Dei 4500 giudici in servizio ne se sono stati stabilizzati 1600 con la riforma Cartabia e questi magistrati subiscono “l’insulto di vedersi remunerati con meri acconti per l’attività quotidiana, senza la dovuta posizione previdenziale, dopo aver atteso mesi per un emolumento già di per sé inadeguato alla funzione”.
Le conseguenze
E come se non bastasse, “a ben 16 mesi dalla riforma, censurata in sede europea a luglio scorso per le gravi discriminazioni ancora esistenti, lamentano un immobilismo preoccupante non solo per il presente, ma anche per il futuro”. Il risultato è che oggi “4500 magistrati di lungo corso attendono di conoscere i modi ed i tempi che lo Stato si è dato per superare queste discriminazioni, nel rispetto delle direttive su status e adeguata retribuzione, che l’Unione europea ha imposto all’Italia per evitare la conclamata infrazione, direttive sino ad oggi completamente disattese”.
Così alle conseguenze negative per la categoria e per “l’intero sistema giustizia pesantemente colpito da questo stop”, si sommerebbe il “danno d’immagine a livello europeo” per il Paese, con oneri economici che graverebbero su tutti i cittadini.
Lo sciopero, fa notare la giunta dell’Anm, è motivato proprio “dalla mancanza di ascolto e di attenzione del Governo rispetto alle attese dei magistrati onorari in servizio da tempo di veder finalmente riconosciute, con la necessaria effettività, le tutele che il legislatore ha accordato con la cd. stabilizzazione nelle funzioni onorarie contenuta nella legge di bilancio per l’anno 2022 (l. n. 234 del 30 dicembre 2021)”.
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