Il Tar del Lazio ha ordinato che venisse ripristinata all’ex pm di Palermo, Antonio Ingroia, la scorta che gli era stata tolta due anni fa. Nella motivazione i Giudici del TAR hanno riconosciuto la perdurante esposizione al rischio di chi, come Ingroia, ha ricoperto un ruolo in prima linea nella lotta alla mafia prima come pm per 25 anni in magistratura e oggi come avvocato da circa 10 anni, occupandosi in entrambi i ruoli delle inchieste antimafia più delicate e scottanti della storia giudiziaria del Paese.
In particolare, i giudici, a dimostrazione della continuità e coerenza dell’attività di Antonio Ingroia, prima da magistrato e poi da avvocato, puntano l’attenzione sullo scontro avvenuto recentemente fra Ingroia e il boss mafioso Giuseppe Graviano nell’aula bunker di Reggio Calabria durante il processo in Corte d’Assise, dove Ingroia è difensore di parte civile dei familiari dei Carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo uccisi dalla mafia, e Graviano è stato prima imputato e poi condannato all’ergastolo per quel duplice omicidio. “Giustizia è fatta. E’ il riconoscimento – commenta Ingroia – del lavoro che ho svolto e svolgo, da più di 30 anni ormai, contro i poteri criminali di ogni tipo, e dei rischi che ho corso e corro tuttora”.
Recentemente Ingroia è balzato alle cronache anche dopo una sua dichiarazione, poi meglio spiegata dallo stesso. Il Coronavirus, secondo il magistrato, potrebbe essere stato creato con la collaborazione della mafia, al fine di agevolare il lockdown e potersi riprendere autorità sui territori. E’ la tesi avanzata da Antonio Ingroia che sta facendo discutere non poco sui social. “C’è qualcosa di oscuro all’origine di questa pandemia. Se due più due fa quattro, col ragionamento del cui prodest bisogna interrogarsi”. Secondo Ingroia la ‘ndrangheta potrebbe aver avuto un ruolo nella creazione del coronavirus alla base della pandemia da Covid 19 in corso in tutto il mondo.
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