L’importo del Reddito di cittadinanza potrebbe ridursi per alcuni nuclei familiari per una novità in ambito operativo. Due nuove categorie di contributi economici entrano nel “Siuss”, il sistema informativo unitario dei servizi sociali. I due importi saranno presi, come previsto dalla normativa, in considerazione ai fini del calcolo del reddito di cittadinanza.
Come si calcola il Rdc
Quando si calcola l’importo della rata si tiene conto se il nucleo familiare beneficia di altre prestazioni di sostegno al reddito. In tal caso, l’integrazione spettante a titolo di reddito di cittadinanza si riduce, con la regola che vuole che il reddito familiare viene calcolato al netto delle prestazioni assistenziali indicate dall’Isee, ma con l’aggiunta di quelle in corso di godimento. Nelle prossime settimane se ne aggiungeranno altre due che, se percepite, andranno a impattare sull’importo del reddito di cittadinanza.
Il contributo affitto
Il reddito di cittadinanza prevede due differenti componenti. Cioè l’integrazione al reddito familiare e il rimborso per le spese per l’affitto per un massimo di 280 euro mensili. In alternativa la famiglia può ricevere un contributo, che tuttavia si riduce a 150 euro mensili, a titolo di rimborso per la rata del mutuo. Il problema risiede nel fatto che la Quota B del reddito di cittadinanza non è compatibile con il bonus affitto pagato dai Comuni. Quindi ora i Comuni dovranno trasmettere al Siuss i dati riferiti alla percezione di tale contributo, indicando la data d’inizio e di fine erogazione, nonché l’importo mensile erogato al cittadino.
Via al taglio del reddito
Da oggi l’Inps sarà informato su quali sono le famiglie che stanno percependo il sostegno per l’affitto erogato dal Comune, e in questo modo potrà tagliare – laddove previsto – la parte di reddito di cittadinanza pagata a titolo di rimborso per le spese di affitto. I contributi per l’affitto diversamente finanziati, o comunque quelli riferiti ad altre annualità, restano invece cumulabili con il reddito di cittadinanza.
Togliere il reddito di cittadinanza a chi non manda i figli a scuola
E’ la proposta lanciata dal presidente della Commissione antimafia regionale, Claudio Fava, nel corso di una puntata di Casa Minutella. L’idea è arrivata dal nuovo presidente del Tribunale dei minori di Catania. “Su questo punto – spiega Fava – è stato firmato un protocollo alla Prefettura di Catania. E’ una norma di buon senso”. Per il presidente dell’Antimafia, è giusto che lo Stato faccia la sua parte nei confronti delle fasce sociali più deboli. Ma chi ottiene quel sussidio da parte della pubblica amministrazione, “non può non mandare i propri figli a scuola. Non si può pensare di ottenere il reddito dallo Stato e mandare i figli a lavorare, o peggio ancora gettarli in strada a spacciare bustine di droga. E’ una contraddizione che non si può tollerare. Se un genitore decide di uccidere il destino del figlio togliendolo dalla scuola quando ha 10 anni, poi non può dire “povero me lo Stato mi dia una mano con il reddito di cittadinanza”. Occorre un minimo di coerenza: lo Stato non è soltanto un bancomat ma anche un insieme di doveri, non solo di diritti”.
La dispersione scolastica è una piaga
Un aspetto direttamente collegato alla tesi di Fava è il dato della dispersione scolastica in Sicilia. La Commissione regionale antimafia ha affrontato anche questo tema. Il dato raccolto dalla Commissione è allarmante: in Sicilia la dispersione scolastica sfiora il 20 per cento di dispersione scolastica. Ma non è un dato omogeneo, questo vuole dire che ci sono quartieri delle città siciliana dove la soglia supera il %30. Quasi metà dei ragazzi si ferma nella terza media.
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