Nei giorni scorsi un appello della ONG Oceana aveva rilevato il rischio derivante dal continuo prelievo del Pesce spada. L’italia, aveva affermato l’ONG, è l’attore principale nell’ambito dei prelievi effettuati da tutti i paesi dell’Unione Europea. Se si va avanti con questi ritmi, avevano riferiti gli ambientalisti, si raggiungerà ben presto un punto di non ritorno.
La popolazione del pesce spada sembra, infatti, essersi ridotta di oltre un terzo in trent’anni. Preoccupa, a questo proposito, la mancata presa di posizione con l’adozione di azioni correttive utili a fermare lo sfruttamento eccessivo del Pesce spada. Continuando con questi ritmi, aveva riferito Oceana, la possibilità di recuperare quanto finora consumato è pari allo 0%. Dati recenti mostrano, del resto, come la flotta peschereccia e il mercato inizino a soffrire l’impatto economico di questa perdita.
Di oggi un nuovo sequestro che dimostra quanto fondato sia l’allarme. Ad effettuarlo è stata la Guadia Costiera di Reggio Calabria che ha provveduto a smantellare quattro palangari lunghi in totale ben otto chilometri. Si tratta di lenze armate con migliaia di ami. Avevano abboccato otto piccoli Pesce spada del peso complessivo di appena novanta chilogrammi. La loro lunghezza era nettamente inferiore ai 140 centimetri consentita dalla legge.
Sul pericolo derivante dall’insostenibilità di tale pesca si era espresso anche il WWF, secondo il quale se ne pescherebbe il doppio della capacità ritenuta sostenibile. Il pesce spada del Mediterraneo, aveva spiegato il WWF, è stato sovra sfruttato negli ultimi 30 anni. La ‘biomassa’ dello stock di questa specie è inferiore dell’88% rispetto ai livelli considerati sostenibili. Tra le misure richieste per arrestare un declino che appare inarrestabile, vi era anche il controllo e sorveglianza per evitare catture illegali. Nel caso di Reggio Calabria, si trattava di pescatori cosiddetti “sportivi”, ossia non autorizzati.
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