Da alcuni giorni si parla spesso di coprifuoco come misura per il contenimento dei contagi del coronavirus.
Innanzitutto, per coprifuoco s’intende il divieto di uscire durante le ore della sera e della notte per motivi di ordine pubblico (nel nostro caso sanitari).
Si tratta di un istituto di derivazione medioevale che prevedeva che, a una certa ora della sera, il rintocco di una campana o lo squillo di una tromba segnalasse agli abitanti l’obbligo di spegnere il fuoco senza generare fumo (sotto la cenere) come precauzione per evitare gli incendi eventuali. Da qui il termine coprifuoco, dal francese couvre-feu perché è nato proprio in Francia nel XIII secolo.
In età moderna, però, il coprifuoco è stato usato per indicare l’ordine di rientrare a casa dopo una certa ora, ad esempio durante la seconda guerra mondiale quando, durante l’occupazione nazista, fu imposto in varie città di non uscire di casa di notte per evitare assembramenti potenzialmente sovversivi (e, in caso di violazione, si rischiava molto grosso).
Quindi, a differenza del lockdown (che vige 24 ore su 24), il coprifuoco prevede l’obbligo di non muoversi entro un determinato lasso di tempo.
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