«‘Luca Varani, è stato lui!’. Qualcuno chiama i carabinieri. La mia storia con lui, avvocato come me, è iniziata come iniziano tante relazioni, per curiosità».
Comincia così la narrazione – cruda e appassionante, di e su Lucia Annibali, la giovane avvocatessa di Urbino sfregiata con l’acido – ed entrata, suo malgrado, insieme ad altri 17 racconti, nella preziosa raccolta “Pelle di donna” della giornalista Alina Rizzi ed edito da Bonfirraro.

Una storia, purtroppo, nota a tutti per la barbarie utilizzata sul volto e sul cuore della coraggiosa Lucia, che proprio in questi giorni ha potuto assistere in prima persona alla condanna definitiva a 20 anni di carcere di Luca Varani – avvocato come lei – poi trasformato nel suo crudele “devastatore”.

Sì, perché Varani, assoldando due uomini, Altistin Prevcetaj, 31 anni, e Rubin Talaban, 28 anni, entrambi di origine albanese, per vendicarsi con Annibali per essere stato lasciato, le ha distrutto il viso, i tratti somatici, i capelli, il collo, gli occhi, ma soprattutto, con quell’acido – che le lanciò sul pianerottolo di casa la sera del 16 aprile del 2013 – le ha bruciato il cuore.

L’avvocatessa da allora non ha mai smesso di testimoniare per cercare di dare coraggio alle donne che hanno vissuto un’esperienza simile alla sua e la scorsa settimana si è vista impersonata magistralmente da Cristiana Capotondi, nella fiction Rai di successo “Io ci sono”.

Ma è già agli inizi del 2015 che l’elegante penna della Rizzi, cronista della rivista F, si interessa alle parole di Lucia, intervistandola proprio poco tempo dopo il tragico fatto, riuscendo a ricreare un racconto delicato, con una prosa morbida ed avvolgente.
«In realtà non fu mai una storia facile, tanti particolari avrebbero dovuto mettermi in allarme, ma spesso quando si ama qualcuno, si finge di non vedere, di non capire, nel tentativo di salvare il rapporto» racconta, infatti, in prima persona, la sventurata.

«Le storie raccolte in questo libro – afferma la Rizzi – sono autentiche e documentate, raccontate con empatia e profondo rispetto per restituire ai loro vissuti la dignità che meritano. Sono le dirette testimonianze delle loro protagoniste: donne tra tante, insospettabili, che hanno attraversato il dolore della coercizione, dell’esclusione, della violenza fisica e psicologia, quasi sempre perpetrata da uomini. Come giornalista e come donna mi sono semplicemente messa in ascolto, con empatia e profondo rispetto, cercando di restituire a questi vissuti la dignità che meritano, portandoli alla luce del foglio bianco».

Il libro, nel quale i racconti si sgranano come un rosario della pietà, è comunque un inno alla vita e alla legalità: sono storie che terminano bene, storie di donne che hanno avuto in regalo la possibilità di ricominciare a credere: «Oggi ho un viso nuovo e sono una persona diversa, più consapevole, più forte. Lascio indietro senza rammarichi la mia vecchia pelle e guardo avanti», dice la Annibali alla sua interlocutrice.

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