Erano cinque i soggetti attivi su una nota piattaforma di messaggistica, attraverso la quale avevano creato un gruppo chiuso, denominato “Famiglie da Abusi”, in cui scambiarsi incessantemente fantasie sessuali che coinvolgevano i componenti delle loro famiglie, compresi i figli. Il tutto accompagnato dalla produzione di contenuti realizzati con il coinvolgimento e lo sfruttamento sessuale di minori, sia con atti sessuali che con momenti intimi catturati di nascosto. L’indagine della polizia di Stato, coordinata dal servizio di polizia postale e delle comunicazioni attraverso il centro nazionale di contrasto alla pedopornografia online (Cncpo), ha avuto inizio dallo scambio info-investigativo di carattere internazionale, che fa perno nei rapporti che da anni la squadra speciale intrattiene con gli organismi investigativi delle forze di polizia estere, ed è stata condotta in piena sinergia investigativa dai compartimenti di Roma, Bologna, Milano, Napoli e Catania.
Tutto partito da Roma
Gli operatori della postale, infatti, sono riusciti a compiere un’identificazione “a catena” dei sodali, consistita nella progressiva ricerca di tutte le tracce informatiche di volta in volta raccolte, grazie a cui si è ricostruita nella sua completezza la struttura del gruppo criminale. La prima perquisizione in ordine di tempo è stata eseguita dal compartimento polizia postale per il Lazio, su delega della Procura della Repubblica di Roma, a carico di un cittadino residente nella capitale, arrestato in flagranza di reato perché individuato in possesso di un ingente quantitativo di materiale pedopornografico. In quella occasione è emersa per la prima volta l’esistenza del gruppo: dagli approfondimenti investigativi, in particolare, è stata accertata dagli investigatori la gravità della posizione di un cittadino bolognese, 45enne, imprenditore edile, perquisito dalla polizia postale di Bologna nell’immediatezza dei fatti, su delega dell’autorità giudiziaria romana.
Coinvolto anche un dipendete comunale
La ricerca di elementi di prova a carico dell’imprenditore ha confermato l’impianto investigativo teorizzato, emergendo la condivisione da parte dell’indagato di un video autoprodotto, che vede il coinvolgimento di un minore appartenente al nucleo familiare. Per questi motivi, la Procura di Bologna, assunta per competenza territoriale la direzione delle indagini, ha richiesto e ottenuto dal Gip la misura cautelare della custodia in carcere per il soggetto, considerata la gravità dei fatti e il pericolo di reiterazione del reato. La misura è stata eseguita a cura degli specialisti della polizia postale emiliana. Contestualmente all’esecuzione di tale provvedimento giudiziario, su delega della stessa autorità giudiziaria, è stato anche perquisito dalla polizia postale per la Campania il terzo componente del gruppo, dipendente del Comune di Napoli, denunciato a piede libero perché deteneva materiale pedopornografico.
Violenza sessuale sulla figlia
Il quarto componente del gruppo, cittadino italiano residente nel bresciano, è stato a sua volta arrestato in flagranza di reato per detenzione di ingente quantitativo di materiale attinente allo sfruttamento sessuale di minori ed indagato per violenza sessuale nei confronti della propria figlia, nell’ambito di una separata attività investigativa, originata da una segnalazione del collaterale canadese veicolata dal Cncpo e seguita dal compartimento polizia postale e delle comunicazioni di Milano, su indicazione dell’autorità giudiziaria di Brescia, i cui esiti si sono stati ricollegati a questa operazione.
Altri due identificati, tra loro un siciliano
Parallelamente, raccolti ulteriori elementi investigativi, il compartimento polizia postale di Roma era riuscito ad identificare altri due soggetti, a loro volta destinatari di perquisizione perché in contatto con il primo indagato, con il quale intrattenevano conversazioni a sfondo pedopornografico, insieme alla ricezione e invio di contenuti illeciti. Dei due, il primo, residente nella provincia romana, è stato denunciato a piede libero poiché deteneva sui propri dispositivi i file ricevuti dal primo indagato, che gli aveva anche fornito istruzioni inerenti alle modalità con cui instaurare un contatto sessuale con un minore. La seconda posizione, invece, relativa a un 55enne siciliano, si è confermata nella sua gravità durante la perquisizione eseguita in Sicilia dagli agenti della postale di Roma: l’uomo, infatti, abusava della propria figlia, costringendola a subire rapporti sessuali, e condivideva le registrazioni dei rapporti con i suoi interlocutori. Per lui la Procura della Repubblica di Messina, cui il fascicolo è stato stralciato per competenza territoriale, alla luce delle risultanze investigative, ha immediatamente richiesto ed ottenuto dal Gip l’emissione della custodia cautelare in carcere per i reati di violenza sessuale in danno di minore e produzione di materiale pedopornografico. Destinataria della misura cautelare dell’allontanamento dalla casa coniugale e divieto di avvicinamento alla persona offesa anche la moglie del siciliano, che è indagata perché, pur a conoscenza degli abusi, non ha fatto nulla per impedirli. Entrambi i provvedimenti sono stati eseguiti dal compartimento polizia postale di Catania e dalla sezione polizia postale di Messina.
Il quinto componente del gruppo social
Il quinto sodale, membro del gruppo chiuso, è un napoletano, poco più che trentenne: nel corso della perquisizione, eseguita congiuntamente dagli operatori del compartimento di Napoli e di quello di Bologna su delega dell’autorità giudiziaria felsinea, gli investigatori hanno rinvenuto circa 200 files pedopornografici, oltre a diretti riscontri della partecipazione dell’indagato alla chat, dove condivideva le proprie fantasie inerenti ad atti sessuali con minori, unendole a foto carpite dalla quotidiana vita familiare. Il soggetto è stato arrestato per detenzione di ingente quantitativo di materiale pedopornografico e rinchiuso in carcere a disposizione dell’autorità giudiziaria di Napoli.
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