A 11 giornate dalla fine del campionato maggiore nasce la nostra rubrica di commento al turno di Serie A. L’intento è di riprodurre virtualmente un momento sacro della vita dell’Italiano medio: il caffè del lunedì mattina (in questo caso del materdì, dopo il posticipo serale di ieri) addolcito dalla vittoria della propria squadra del cuore o amaro almeno quanto il momento successivo al rigore sbagliato dal giocatore preferito.
Il “Lunedì di Serie A” sarà dunque un appuntamento d’informazione sobrio e innamorato del calcio, ma anche marcio e beatamente ignorante. E non poteva dunque che cominciare di martedì, giusto per smentirci prima ancora di iniziare.)
Mentre scriviamo sta per terminare il posticipo di Firenze che avrebbe dovuto determinare un vantaggio incisivo a favore del Napoli inseguitore della Juventus o una decisa ripresa Viola nella corsa all’accesso diretto alla fase a gironi di Champions League: avrebbe dovuto, appunto.
Nulla di fatto invece, ma ci piace pensare che sia la scelta più saggia che la Dea Bendata, o chi per lei, abbia concepito. Giusto il pareggio tra le due squadre che durante il Campionato hanno espresso con più costanza il calcio migliore: due modi di concepire il gioco opposti, automatico e lineare con ali creative che giocano verso Higuain quello di Sarri, orizzontale e sperimentale quello di Sousa, che affida alla creatività di Borja Valero e compagni la manovra offensiva. Il risultato non accontenta le due compagini, ma da fiducia a due movimenti che avevano bisogno di ripartire dopo una campagna europea terribile che ha determinato l’eliminazione di entrambe dall’Europa League.
A sorridere, dunque, è solo Allegri che non ha soltanto retto il confronto con l’ingombrante predecessore portando la squadra a vincere quasi sempre, ma è riuscito nell’impresa di guidare una rosa collaudata ma demotivata verso il dominio assoluto, nonostante l’inizio di campionato shock dei Bianconeri.
Per un’acciughina che ride c’è un Mancio che piange: 9 punti nelle prime 8 partite del girone d’andata, 2 vittorie, pochi gol fatti e tanti, tantissimi subiti. Tutta la rabbia e la frustrazione del Biscione nelle parole di Piero Ausilio, intervistato nel post partita di ieri, che ha elevato a momento topico ed emozionante di televisione quello che avrebbe dovuto essere un semplice commento a caldo della prestazione, citando Borges (anche lui): “Fuori le palle, possiamo giocare anche senza regista”.
Quasi d’accordo con il dirigente, l’Inter è scesa in campo avendo in mente l’obiettivo semplice di non prendere l’imbarcata, ma se a centrocampo tra Medel, Melo e Kondogbia il Q.I. calcistico dei nerazzurri crolla ai minimi storici forse qualche colpa è da attribuire anche a chi ha condotto il mercato e comprato Eder, perché l’esperienza e le panchine di Jovetic non erano ancora abbastanza per capire che il problema non è in quella zona di campo.
In questo particolare gemellaggio Torino-Milano che la giornata di Serie A ci ha regalato, cambiano quartiere si invertono anche le emozioni, e alla soddisfazione della Juventus corrisponde la tristezza Granata, così come alla confusione Interista si contrappone il momento positivo del Milan.
È finita nel peggiore dei modi l’avVentura a Torino di Giampiero, maestro di calcio che ormai non ha più stimoli dopo aver raggiunto la salvezza già alla fine del girone d’andata. Ma non sono solo i demeriti del sempre più spento Toro a decretare la vittoria del Milan, anzi, la squadra di Mihajlovic ha ampiamente meritato la vittoria. Dopo molte prove andate male, il Comandante Serbo ha finalmente riportato rigore tattico in quel di Milanello dopo un paio d’anni, con un 4-4-2 ordinato che si affida alla qualità di Bacca e Bonaventura, unici interpreti di estro superiore. Tegola delle ultime ore è l’infortunio di Niang: il malocchio di Balotelli nei confronti del francese è riuscito, adesso tocca a lui, ma occhio a Menez sullo sfondo.
Stanno pian piano perdendo ogni speranza Frosinone, Hellas e Carpi, unica delle 3 citate a riuscire a strappare almeno un punto, che a meno di grandi sorprese abbandoneranno la massima serie. Gongola Zamparini, che apprende la notizia della sconfitta del Frosinone mentre fa la fila da Ikea per cambiare un armadio, che aveva preso per sostituire un tappeto, che aveva sostituito una lampada, che aveva sostituito un comodino che l’eterno indeciso aveva originariamente acquistato.
Alcuni verdetti stanno dunque delineandosi, mentre Spalletti mischia ancora le carte per il terzo posto approfittando in classifica del pari di stasera tra Fiorentina e Napoli: agganciata la Viola, nel bersaglio i Partenopei, resterà un piacevole dubbio sapere quale sarebbe la posizione in classifica della Magica se Luciano da Empoli fosse stato da subito seduto in panchina.
Certo, se El Shaarawy gioca così è un’arma in più nell’arciere romanista di cui Garcia non disponeva, ma il vigore difensivo della nuova Roma è altra cosa rispetto alla versione molle di qualche mese fa. “And the Oscar, or the Stephan, goes to: Antonio Conte”, ricordati di lui…
(a cura di Carlo Castiglione)
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