Michele Merlo, il cantante vicentino morto a Bologna il 6 giugno 2021 per una leucemia fulminante, avrebbe avuto una possibilità di essere salvato “tra il 79 e l’86%” se il medico di base avesse capito che l’ematoma alla gamba era il sintomo della malattia e non uno strappo muscolare.
Così la perizia disposta in incidente probatorio dal Gip di Vicenza, riportata dal Corriere del Veneto, nell’ambito dell’inchiesta per omicidio colposo che vede indagato il medico di Rosà a cui l’ex concorrente di Amici e X Factor si era rivolto in prima istanza, il 26 maggio 2021.
Il professionista, infatti, gli prescrisse un bendaggio allo zinco per alcuni giorni. Il 2 giugno successivo, un altro specialista visitò il cantante a Vergato, diagnosticandogli stavolta una tonsillite.
Da una perizia disposta dalla Procura di Bologna sarebbe emerso che nessuna terapia somministrata quel giorno avrebbe evitato il decesso del giovane. Comunque, a detta dei periti, non è possibile avere la certezza che una diagnosi tempestiva avrebbe potuto salvare la vita di Merlo perché le cure contro la leucemia non hanno effetto immediato e nei giorni successivi si sarebbero potute verificare delle emorragie letali.
Il medico di Rosà si è difeso sostenendo che fu lo stesso Merlo a trarlo in inganno, dicendogli di aver subito la contusione alla coscia durante un trasloco. La relazione dei due consulenti nominati dal giudice Antonella Toniolo è stata depositata nei giorni scorsi e sarà discussa il 29 settembre.
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