È successo a Napoli

Infermiera anti Covid19 violentata, il racconto dell’incubo lungo 45 minuti

A Napoli una donna di 48 anni è stata violentata domenica scorsa, 3 maggio, intorno alle 15, da un immigrato irregolare del Senegal, individuato e bloccato dalle forze dell’ordine.

Come riportato sull’edizione napoletana di Repubblica, con l’intervista alla vittima, la 48enne è un’infermiera che lavora in una struttura pubblica, impegnata in progetti per l’assistenza ai malati post Covid-19.

La donna, dopo avere concluso il proprio turno al lavoro, stava attendendo un autobus in corso Arnoldo Lucci per tornare ad Avellino ed era sola in una panchina. Ed è stato lì che l’uomo si è avvicinando, dando così inizio a un incubo durato 45 interminabili minuti. L’infermiera ha raccontato di avere anche visto una passante, gridandole aiuto, ma è stato inutile.

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Quando è arrivato l’autobus, l’autista è sceso per intervenire e, allo stesso tempo, è arrivata anche una pattuglia dell’esercito, impegnata in un pattugliamento. Dopodiché è sopraggiunta la Polizia che ha arrestato l’aggressore e lo ha portato in carcere.

IL RACCONTO

La donna, chiamata Francesca (nome di fantasia) nell’articolo pubblicato su Repubblica, ha raccontato: «All’improvviso quest’uomo grande e grosso ha scavalcato una recinzione ed è venuto verso di me. Ho subito avuto paura, aveva l’aria minacciosa. Mi ha afferrato un braccio. Io ho subito pensato a una rapina: così, per salvarmi, gli ho dato la borsa. ‘Prendi tutto, ci sono i soldi’, ho detto. La risposta mi ha raggelato. Ha detto: ‘Non voglio i tuoi soldi, quelli ce li ho’. Poi mi ha strattonato e scaraventato per terra. Ho visto il mio cellulare volare via, mi ha strappato il giubbino di dosso. Ho capito che per me era finita».

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E poi: «Mi sono accovacciata a terra per proteggermi, ma lui mi ha preso alle spalle. Con tutto il suo peso si è messo sulla mia schiena provocandomi un dolore immenso. Non saprei dire se era più forte quello fisico o quello mentale. Mi infilava le mani dappertutto e si arrabbiava perché io mi difendevo. Diceva cose assurde, come in una litania: “Ti uccido, ti devo purificare, di tolgo il fuoco che hai dentro. Devi spogliarti di tutto, vestirti e pettinarti come dico io”. Io sentivo ma non respiravo con quella mano sulla bocca. Ad ogni istante pensavo: tra poco arriva l’autobus, tra poco compare qualcuno. Resisti Francesca, resisti, tu sei più forte di lui. Ce la devi fare, devi vincere…».

L’incubo è finito solo quando è arrivato l’autobus che la donna attendeva: «L’autista ha visto cosa stava succedendo, è sceso e ha cominciato a urlare. Intanto però è arrivato l’Esercito. Tre militari lo hanno circondato e a quel punto io sono riuscita ad alzarmi e mi sono rifugiata sull’autobus. Poi è arrivata anche la polizia, quattro volanti per bloccare quell’essere immondo. Non mi hanno lasciato più. Mi hanno portato in ospedale, per reazione mi è salita la febbre, tale è stato lo choc. La polizia ha avvertito mio marito. Hanno visto i filmati, alcuni poliziotti non ce l’hanno fatta a guardare fino alla fine per la rabbia e il disgusto. Ma voglio dire grazie alla dirigente delle volanti, che ha capito cosa ho vissuto».

Per quanto riguarda la donna che non ha risposto alla richiesta di aiuto dell’infermiera, la polizia sta provando a rintracciarla tramite le telecamere di videosorveglianza presenti sulla zona dell’aggressione.

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