E’ stata definita come una delle operazioni antimafia più grosse di tutti i tempi, seconda solo al maxi processo contro i clan di Cosa Nostra degli anni 80. Ben 334 arresti in 11 regioni italiane ma nonostante ciò la stampa italiana sembra non essersi curata troppo di quello che è una delle più grossa operazione contro la mafia calabrese, un’organizzazione criminale potente, che ormai sembra aver messo radici negli affari di mezza Italia e aldilà dei confini nazionali.
La maxi operazione dei Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Vibo Valentia è scattata sulla base di un’ordinanza di custodia cautelare del gip di Catanzaro su richiesta della Dda a carico di 334 persone. Complessivamente sono 416 gli indagati, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, omicidio, estorsione, usura, fittizia intestazione di beni, riciclaggio e altri reati aggravati dalle modalità mafiose.
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Una notizia dalla portata storica, passata in secondo piano, nella maggior parte delle testate nazionali, sparita dalle prime pagine, nascosta tre le righe delle pagine interne e in qualche caso anche omessa. Come evidenzia Il Fatto Quotidiano, i due quotidiani La Repubblica e La Stampa non hanno messo in prima pagina la notizia delll’operazione anti-‘ndrangheta. Niente prima pagine nemmeno su La Verità e Libero. Il il Corriere della Sera e Il Sole 24 Ore che mettono un richiamo in prima pagina. Il quotidiano che dedica più spazio in copertina alla maxi-operazione di ‘ndrangheta è il Manifesto che inserisce la notizia subito sotto la consueta fotonotizia di apertura. E’ la seconda notizia del giornale anche su Avvenire, il giornale della conferenza episcopale. “Un colpo alle cosche che infiltrano l’Italia” è il titolo del quotidiano di Marco Tarquinio.
L’operazione è in buona sostanza sparita dalla stampa nazionale e su Sky TG24, il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, parlando delle minacce di morte di cui è vittima, dice di essere impaurito anche per un fatto inquietante accaduto a poche ore dagli arresti. Il mega blitz dove a essere eseguito 48 ore dopo ma alcuni degli arrestati sarebbero stati avvertiti di un possibile blitz. La procura ha così deciso di anticipare i tempi.
“La soffiata è partita dagli addetti ai lavori, non dal barista o dal muratore, è ovvio. Noi qualche idea ce l’abbiamo e ci stiamo lavorando, la storia spiegherà anche chi è stato”. Lo ha detto Gratteri parlando della fuga di notizie che ha portato la procura di Cosenza ad anticipare di 24 ore il maxi blitz dell’operazione “Rinascita Scott”. E c’è una analogia con il maxi processo. Nella notte tra il 28 e il 29 settembre 1984 Giovanni Falcone ordinò di istruire subito i 366 arresti dopo aver capito che c’era stata una fuga di notizie. Il lavoro di circa quindici giorni venne quindi concentrato in una sola nottata.
Il mega blitz contro la ‘ndragheta porta con sé alcuni fatti inquietanti per l’Italia intera e mostra la debolezza della classe politica come ha confermato lo stesso procuratore calabrese. “Negli ultimi 20 anni la politica si è indebolita tantissimo, e questo indebolimento ha avvantaggiato le mafie, la ‘ndrangheta, perché ha occupato gli spazi dal punto di vista dell’interlocuzione sociale lasciati dalla politica. Mediamente un politico è presente sul territorio sei, sette mesi prima delle elezioni, poi magari il giorno dopo che si vota magari cambia pure numero di telefono. Mentre il capomafia è presente sul territorio 365 giorni l’anno, dà risposte sbagliate, truccate e drogate di sottosviluppo, dipendenza e schiavismo, ma dà risposte in aree dove la disoccupazione tocca anche il 50%. È la disperazione che porta a rivolgersi alla ‘ndrangheta”