“Con ogni probabilità a sostenere la decisione del promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi, di riaprire le indagini su mia sorella Emanuela è stata anche la volontà di Papa Francesco“.
Così, in un’intervista a La Stampa, Pietro Orlandi, fratello della ragazza scomparsa nel nulla nel 1983.
Secondo Pietro Orlandi, inoltre, “può avere in qualche modo influito anche la dichiarazione di Gaenswein secondo cui il dossier Orlandi non esiste, quando un paio d’anni fa ci disse che il fascicolo c’è”.
Della riapertura delle indagini “l’ho saputo all’improvviso. Questa novità è positiva. Anche perché non è una riapertura: il Vaticano non ha mai aperto un’inchiesta ufficiale. Questa è la prima volta che viene aperta un’inchiesta interna vaticana sul rapimento di Emanuela. Da quanto ho inteso dalle dichiarazioni di Diddi si vuole guardare dall’inizio tutti i fatti, ricominciare da capo. Forse hanno capito che altrimenti noi non ci fermeremo mai nella ricerca della verità. È il momento di mettere fine a questa vicenda: per noi, ma anche per loro, per la Chiesa, il Vaticano stesso”.
Ora Pietro Orlandi spera “di essere convocato e poter finalmente verbalizzare, lo chiedo da tantissimo tempo. Con l’ avvocato avevamo scritto anche a Papa Francesco comunicandogli che eravamo in possesso di nuovi elementi e che avremmo voluto verbalizzare. Sono elementi importanti che meritano un approfondimento. Dirò le cose che ho sempre raccontato. lo sono convinto che in Vaticano ci sono persone, anche di alto livello, a conoscenza dei fatti”.
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