Ieri, giovedì 23 aprile, c’è stata una ‘mezza’ rivoluzione nell’editoria italiana.
Innanzitutto, il gruppo editoriale Gedi – il cui presidente è John Elkann – ha cambiato il direttore di Repubblica: non più Carlo Verdelli ma Maurizio Molinari, ex direttore de La Stampa e direttore editoriale di Gedi News Network, la società che gestisce i quotidiani di proprietà del gruppo editoriale. Di conseguenza, anche il quotidiano di Torino ha cambiato direttore: Massimo Giannini, già direttore dal 2018 di Radio Capital e conduttore dal 2014 al 2016 di Ballarò su Raitre. Nuovo direttore anche per The Huffington Post: Mattia Feltri (figlio di Vittorio) prende il posto di Lucia Annunziata che, di recente, ha avuto anche qualche prolema di salute.
REPUBBLICA
Partendo da Repubblica, la decisione della sostituzione di Verdelli non è piaciuta al Comitato di Redazione a tal punto che per oggi è stato proclamato lo sciopero: niente giornale in edicola e il sito sarà aggiornato dalla mezzanotte di oggi.
L’ex direttore, in una lettera pubblicato sul sito internet del quotidiano romano, ha affermato che seguirà Repubblica da lettore «con l’attaccamento appassionato per un giornale che è qualcosa di più di un giornale. Sabato sarà il 25 aprile, la festa sacra e laica della Liberazione. Repubblica la onorerà con un impegno particolare, visto il momento che il Paese sta attraversando. Sarà il nuovo direttore Maurizio Molinari, a cui va il mio in bocca al lupo, a guidare il giornale in un momento che sarà insieme di memoria e di voglia di rinascita. Lo seguirò da lettore, con l’attaccamento appassionato per un giornale che è qualcosa di più di un giornale, per una comunità di lettori che ne è la ragione prima di esistenza per una redazione con la quale è stata una fortuna condividere questo viaggio. Partigiani si nasce, e non si smette di esserlo».
Sull’avvicendamento è intervenuto anche Carlo Verna, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, sottolineando «un’anomalia da imbarbarimento delle relazioni non solo tra le parti, ma anche umano. Ben hanno scritto i colleghi di Repubblica parlando di ‘tempistica quanto meno imbarazzante ‘ nel sostituire il Direttore Carlo Verdelli con Maurizio Molinari a disposizione del quale si sono subito correttamente posti e cui vanno le nostre congratulazioni per la nomina. Ma il punto è l’altro: il momento in cui il cambio avviene, la spregiudicatezza del nuovo cda della Gedi, la cui libertà di impresa nessuno mette in discussione. Ma il diritto di critica consente di definire triste questo modo di fare e il nostro sentimento di colleganza di alzare il livello di attenzione e solidarietà verso Verdelli, oggetto da tempo di pesanti minacce. Per noi nulla cambia Direttore, siamo con te. E naturalmente siamo incondizionatamente al fianco della redazione di Repubblica».
Anche «la Federazione nazionale della Stampa italiana è al fianco dei giornalisti di Repubblica, in sciopero per la decisione del Gruppo Gedi di sostituire il direttore Carlo Verdelli nella giornata del 23 aprile, indicata come quella della sua morte da alcuni anonimi militanti in gruppi di ispirazione nazifascista, che lo minacciano da tempo», ha affermato Raffaele Lorusso, segretario generale della FNSI.
«Nel rinnovare la vicinanza a Carlo Verdelli per le intimidazioni che lui e i suoi familiari sono costretti a subire e nell’augurare buon lavoro ai direttori di Repubblica, Stampa, Huffington Post e del polo radiofonico, la Fnsi – ha aggiunto Lorusso – auspica che il nuovo corso del Gruppo Gedi sia caratterizzato da investimenti in grado di superare le difficoltà e le criticità del settore e di rilanciare l’occupazione. L’editoria, non soltanto in Italia, attraversa da tempo una crisi strutturale, ma mai come in questo momento e’ sempre piu’ chiaro a tutti il ruolo essenziale svolto dall’informazione professionale per la formazione di un’opinione pubblica consapevole e non condizionata dalla spazzatura che circola nella rete e per la tenuta delle istituzioni democratiche. Per questo, è da raccogliere la sfida dell’innovazione e della trasformazione, annunciata dal presidente del Gruppo Gedi, John Elkann. L’auspicio è che possa essere l’occasione per valorizzare, in uno spirito costruttivo di confronto e condivisione, la qualita’ dell’informazione e le professionalità, salvaguardando l’identità delle singole testate».
LA STAMPA
Molinari si è congedato affermando che «da 153 anni La Stampa è un quotidiano laboratorio di innovazione in Italia e per me è stato un privilegio dirigerlo dal 2016 come anche lavorarci dal 1997. La capacità di innovare de La Stampa sta nel dna di una comunità intellettuale glocal – con le radici nel Nord-Ovest, il cuore a Torino, l’identità europea e la vocazione atlantica – che riflette un territorio dove il rispetto per i valori della Costituzione repubblicana è un tutt’uno con la volontà di affrontare le sfide del presente per tagliare sempre nuovi traguardi».
«Negli incontri avuti con i lettori – si legge nel suo editoriale – mi sono spesso trovato davanti a questa miscela di cultura antica, curiosità sull’attualità e scommessa sul futuro che descrive il legame inossidabile fra chi acquista e chi crea i contenuti di questa testata. È una miscela unica che nasce sulla carta stampata e ora diventa sempre più digitale, accompagnando le trasformazioni del nuovo secolo. È grazie a lavoro, passione e sacrifici di giornalisti, grafici, tipografi, fotografi e dipendenti tutti che La Stampa ha affrontato da protagonista la trasformazione digitale, sfidandone i rischi per coglierne le opportunità. Con il risultato di diventare il primo quotidiano italiano Digital First, ovvero che produce senza interruzione contenuti su ogni piattaforma esistente grazie al contributo dell’intero corpo redazionale».
FINANCIAL TIMES
Il presidente del gruppo automobilistico italo – statunitense Fiat Crhysler Automobiles (Fca) John Elkann, erede della famiglia Agnelli, sta perseverando nella sua scommessa controcorrente sulla carta stampata in Italia, nonostante i problemi strutturali del settore e le conseguenze della pandemia di coronavirus sull’economia italiana.
Lo ha affermato il quotidiano britannico Financial Times, commentando la notizia che Exor, holding della famiglia Agnelli, ieri 23 aprile ha completato l’investimento da 102,4 milioni di euro con il quale ha acquisito la quota di controllo di Gedi, il maggior gruppo editoriale italiano facente capo alla famiglia De Benedetti. Annunciata a dicembre del 2019, la transazione segna la fine del regno trentennale dei De Benedetti alla guida di Gedi, che impiega oltre mille giornalisti e include i quotidiani La Repubblica e La Stampa, il settimanale L’Espresso e tre stazioni radio a diffusione nazionale.
Nell’editoria italiana, l’acquisizione di Gedi da parte di Exor è ampiamente considerata un ritorno degli Agnelli in un settore di cui sono stati a lungo protagonisti. Come nota il Financial Times, nel 2016 Exor aveva venduto La Stampa ai De Benedetti, ma l’anno prima era diventata il primo azionista del settimanale britannico The Economist, rinnovando la passione per i mezzi di informazione nutrita dal nonno di Elkann, Gianni Agnelli.
A ogni modo, secondo il Financial Times, l’acquisizione di Gedi non è «né un trofeo né frutto di nostalgia, ma un investimento»: Elkann è, infatti, convinto di ottenere un successo commerciale dall’operazione e ha dei piani dettagliati per riuscirci. Nonostante le perdite per 129 milioni di euro registrate da Gedi nel 2019 e quelle che faranno seguito alla crisi innescata dal coronavirus, il presidente di Fca è sicuro che Gedi possa tornare a fare profitti, producendo giornalismo di qualità.
I primi obiettivi saranno il potenziamento delle piattaforme digitali, il taglio dei doppioni nelle redazioni locali e lo snellimento della struttura complessiva del gruppo. Tuttavia, la strategia di Elkann potrebbe incontrare diversi ostacoli. In primo luogo, la possibile opposizione nelle redazioni soprattutto dei quotidiani La Repubblica e La Stampa, dove è diffusa la preoccupazione per una maggiore interferenza della proprietà linea editoriale e per tagli del personale. Elkann sembra non preoccuparsi più di tanto ed è davvero convinto che innovazione e trasformazione digitale getteranno le basi del giornalismo del futuro (fonte AGI).
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