Mentre le restrizioni sanitarie vengono gradualmente revocate in molti Paesi, Italia compresa, la diffusione del Covid-19 resta significativa.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) monitora la comparsa di qualsiasi nuovo ceppo ed è stata rilevata nel Regno Unito la variante XE, di cui si parla ormai da giorni. Stando alle informazioni rilasciate dal Governo britannico, tale variante è stata osservata per la prima volta il 19 gennaio 2022 e, fino a oggi, sono stati registrati solo 637 casi.
Altri Paesi hanno già segnalato la presenza della variante XE sul proprio territorio, mentre in Italia è stata isolata la variante XJ, da un laboratorio di Reggio Calabria.
Cosa sappiamo?
Se il mix delle varianti Delta e Omicron ha dato origine alla ricombinazione XD, la variante XE deriva da un altro incontro, ovvero quello tra le varianti BA.1 e BA.2. Tali ricombinazioni si verificano quando un individuo viene infettato da almeno due varianti contemporaneamente: infatti, è all’interno del suo organismo che avviene la ‘mescolanza’ dell’apparato genetico delle varianti.
La contagiosità?
Se le stime iniziali mostrano che questa nuova variante potrebbe essere il 10% più contagiosa della variante BA.2, l’OMS ha specificato che queste considerazioni richiedono ulteriori ricerche.
Come affermato da Susan Hopkins, capo consigliere medico dell’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito, “al momento non ci sono prove sufficienti per trarre conclusioni sulla sua trasmissibilità, gravità o resistenza ai vaccini”.
E ha aggiunto: “Le varianti ricombinanti non sono rare, in particolare quando ci sono diverse varianti in circolazione. Molte sono state identificate dall’inizio della pandemia. Come altri tipi di varianti, la maggior parte di esse si estinguerà piuttosto rapidamente”.
Sul tema è intervenuto anche Giorgio Palù, virologo e presidente dell’AIFA, intervistato dal Corriere della Sera: “Non dobbiamo temere le ricombinazioni dei virus appartenenti a sotto-varianti dello stesso ceppo, come è il caso di quella denominata Xe”. Possibili nuove minacce potrebbero piuttosto arrivare “da nuove varianti che hanno acquisito mutazioni diverse da quelle conosciute, replicandosi in individui con il sistema immunitario indebolito, come i pazienti immunodepressi. Infettandosi, queste persone ospitano per mesi il virus nel loro organismo non riuscendo a debellarlo. È in queste condizioni che il Sars-CoV-2 può cambiare e costituire una nuova insidia”, ha spiegato l’esperto.
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