Oltre lo stretto

Costa Concordia, Francesco Schettino chiede la semilibertà

Francesco Schettino, l’ex comandante della Costa Concordia, ha avanzato la richiesta di semilibertà, avendo già scontato la metà della pena di 16 anni inflittagli per il naufragio della nave da crociera avvenuto tra il 12 e il 13 gennaio 2012. Il Tribunale di Sorveglianza di Roma valuterà l’istanza il prossimo 4 marzo, decidendo se concedergli misure alternative alla detenzione. Attualmente, Schettino gode di 45 giorni all’anno di permessi per buona condotta.

Il naufragio della Costa Concordia

La sera del 13 gennaio 2012, la Costa Concordia, con 4.229 persone a bordo, salpò da Civitavecchia verso Savona. Alle 21:42, la nave urtò uno scoglio nei pressi dell’Isola del Giglio, durante una manovra di “inchino”, una pratica che avvicina le navi alle coste per offrire uno spettacolo ai passeggeri. L’incidente provocò 32 vittime e centinaia di feriti. Il giorno successivo, divenne virale l’ordine perentorio del capitano della Capitaneria di Porto di Livorno, Gregorio De Falco, a Schettino: “Vada a bordo, c….”, che sottolineò la mancata gestione dell’emergenza da parte del comandante.

Le indagini e il processo

Il 16 gennaio 2012, Francesco Schettino venne arrestato e successivamente posto agli arresti domiciliari. Le indagini portarono al rinvio a giudizio per diversi capi d’accusa, tra cui omicidio plurimo colposo, naufragio, abbandono della nave e omessa comunicazione alle autorità marittime. Nel 2015, il Tribunale di Grosseto condannò l’ex comandante a 16 anni di carcere, condanna confermata poi in appello e in Cassazione nel 2017. Schettino si costituì nel carcere romano di Rebibbia, dove è attualmente detenuto.

Le reazioni alla richiesta di semilibertà

La notizia della richiesta di semilibertà ha suscitato diverse reazioni, tra cui quella di Vanessa Brolli, una delle sopravvissute al naufragio. La giovane, che si trovava sulla Costa Concordia per festeggiare i 50 anni di matrimonio dei nonni, ha dichiarato al quotidiano Il Resto del Carlino: Dispiace sapere che potrebbe tornare a casa. Schettino deve pagare per le sue colpe. A prescindere dalla decisione dei giudici siamo certi che vivrà il resto dei suoi giorni con addosso il peso di questa tragedia”.

L’attività in carcere

Negli ultimi tre anni, a Schettino è stato concesso di lavorare in carcere, dove ha collaborato alla digitalizzazione dei documenti giudiziari relativi alla strage di Ustica e alla strage di via Fani, legata al sequestro e all’omicidio di Aldo Moro. Questo impegno potrebbe aver contribuito alla maturazione dei requisiti necessari per la richiesta delle misure alternative alla detenzione.

Cosa potrebbe accadere ora

Se il Tribunale di Sorveglianza di Roma dovesse accogliere la richiesta di Schettino, l’ex comandante potrebbe beneficiare di un regime di semilibertà, che gli permetterebbe di trascorrere parte della giornata fuori dal carcere per motivi di lavoro o necessità personali, per poi farvi rientro la sera. In caso contrario, dovrà continuare a scontare la pena in carcere fino al termine della condanna.

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