L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) ha lanciato l’allarme: i bombardamenti in corso nei pressi della centrale nucleare di Zaporizhzhia, in Ucraina, controllata dalla Russia, potrebbero portare a un “disastro nucleare“, peggiore di quello di Chernobyl del 1986. Mosca e Kiev, dal canto loro, si accusano a vicenda di “terrorismo nucleare“.
Al momento, comunque, non è stata rilevata alcuna perdita radioattiva: “Per oram nella stazione non è stata rilevata alcuna contaminazione e il livello di radioattività è normale” ha scritto su Telegram Evgeni Balitski, capo dell’amministrazione civile e militare.
Cosa sappiamo sulla centrale nucleare di Zaporizhia?
La centrale nucleare di Zaporizhzhia è la più grande d’Europa e tra le 10 più grandi del mondo: genera metà dell’energia nucleare ucraina. L’impianto ha una capacità totale di circa 6.000 megawatt, sufficienti per circa quattro milioni di case. Si trova nella steppa ucraina meridionale, sul fiume Dnepr, a circa 550 chilometri a sud-est di Kiev; a 525 a sud di Chernobyl; a 200 chilometri dalla Crimea.
Al momento, l’impianto è gestito da personale ucraino ma la struttura è sorvegliata da unità militari russe. Secondo l’AIEA, l’impianto ha sei reattori raffreddati ad acquam di progettazione sovietica, contenenti uranio 235, ciascuno dei quali ha una capacità netta di 950 megawatt. Un megawatt di capacità dà energia a 400 – 900 case in un anno.
Secondo l’operatore ucraino Energoatom, le forze russe si starebbero preparando a collegare l’impianto alla rete elettrica della Crimea. Michael Black, direttore del Center of Nuclear Engineering dell’Imperial College di Londra, ha detto ad Al Jazeera che la preoccupazione principale è che tale obiettivo possa interrompere l’energia per il raffreddamento dei reattori: “Finché quei generatori funzionano, allora tutto va bene. È incoraggiante, però, che i russi vogliano usare l’elettricità: questo implica che non vogliono danneggiare l’impianto”.
Cosa succederebbe se la centrale dovesse esplodere?
Ross Peel, del Center for Science and Security Studies del King’s College di Londra, sempre ad Al Jazeera, ha spiegato: “Se più fattori catastrofici si uniscono, potrebbe essere possibile un’esplosione. È difficile dire se ciò possa accadere e le conseguenze. Dipende da come avverrebbe l’esplosione”.
Le preoccupazioni riguardano i bombardamenti che avvengono intorno alla struttura con il rischio che possano danneggiare le infrastrutture critiche, reattori compresi che devono “essere costantemente raffreddati dall’acqua che li attraversa”, come spiegato ad Al Jazeera da MV Ramana, professore presso la School of Public Policy and Global Affairs della University of British Columbia. “Se quel flusso d’acqua fosse interrotto, tagliato in qualche modo, il reattore potrebbe perdere il raffreddamento e il carburante inizierebbe a sciogliersi. Ciò provocherebbe una sorta di alta pressione e l’esplosione”.
In caso di disastro, gli esperti sostengono che ci sarebbero evacuazioni diffuse causate da una nuvola radioattiva invisibile: “Probabilmente vedremmo centinaia di migliaia di persone che cercano di fuggire da quella zona – ha detto Ramana – Ci sarà una nuvola ma non saremmo in grado di vederla, seppur saremmo capaci di tracciarla perché abbiamo strumenti sensibili che misurano i livelli di radiazione”.
Alcune malattie conseguenti: avvelenamento acuto da radiazioni a breve termine e tumori a lungo termine: “Le persone esposte a quantità non così elevate di radiazioni potrebbero, comunque, soffrire di avvelenamento acuto da radiazioni e riprendersi. E ciò accadrebbe in giorni, settimane o forse mesi. Per le persone esposte a livelli più bassi di radiazioni, potrebbe esserci un numero maggiore di casi di cancro negli anni o decenni successivi”.
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