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La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 21766 del 2024, si è pronunciata su una questione molto importante per il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore: la legittimità degli accertamenti investigativi finalizzati a verificare la reale sussistenza della malattia del dipendente.
Il caso sottoposto al giudizio della Suprema Corte riguardava un lavoratore assente per malattia e monitorato da un’agenzia investigativa, che aveva raccolto prove considerate dal datore di lavoro sufficienti per procedere al licenziamento per giusta causa.
La sentenza ha confermato la possibilità, per i datori di lavoro, di ricorrere a investigatori privati per verificare sospette simulazioni di malattia, delineando con precisione i limiti entro cui tali accertamenti possono essere effettuati. Ma quindi cosa può fare il datore per controllare il dipendente in malattia? Ecco cosa dice la legge.
La Corte ha stabilito che l’impiego di investigatori privati da parte del datore di lavoro è legittimo quando sussistono fondati sospetti circa l’insussistenza dello stato di malattia dichiarato dal dipendente. L’indagine non può, tuttavia, avere come oggetto il controllo dell’attività lavorativa, bensì deve essere circoscritta alla verifica di comportamenti che possano incidere sul rapporto fiduciario tra le parti, come la simulazione o l’abuso dello stato di malattia. Questo principio si fonda su un bilanciamento tra il diritto del datore di lavoro a tutelare la propria azienda e la necessità di rispettare la riservatezza e la dignità del lavoratore.
Gli accertamenti devono, inoltre, essere proporzionati e non invasivi. Ciò significa che non è ammesso un controllo continuo e indiscriminato della vita privata del dipendente, ma solo quello necessario a verificare la condotta specifica oggetto di sospetto. La sentenza ribadisce che il datore di lavoro può agire in questo modo qualora abbia prove concrete che giustifichino l’adozione di misure di controllo straordinarie, senza però sconfinare nell’arbitrio o nella lesione ingiustificata della privacy del lavoratore.
Questa decisione si inserisce in una tradizione giurisprudenziale che, nel corso degli anni, ha affrontato il tema delle investigazioni private richieste dai datori di lavoro. L’orientamento prevalente consente tali controlli solo se finalizzati a tutelare il patrimonio aziendale e a prevenire eventuali abusi, purché siano rispettati i principi di proporzionalità e correttezza. Per i datori di lavoro, ciò si traduce nella possibilità di agire per difendere i propri interessi qualora vi siano indizi di abuso, ma sempre entro un perimetro normativo ben definito.
Per i lavoratori, questa sentenza rappresenta un monito sull’importanza della correttezza e della trasparenza nell’usufruire del periodo di malattia. Eventuali comportamenti non conformi possono non solo minare il rapporto di fiducia con il datore di lavoro, ma anche condurre a conseguenze gravi, come il licenziamento per giusta causa. Tuttavia, i lavoratori hanno il diritto di tutelare la propria privacy e possono contestare accertamenti che ritengano essere stati condotti in maniera lesiva o eccessivamente invasiva.
Un aspetto strettamente legato alla tematica delle verifiche durante il periodo di malattia riguarda le visite fiscali da parte dell’INPS, che rappresentano il controllo istituzionale per verificare l’effettivo stato di malattia del lavoratore. Gli orari di reperibilità per i lavoratori del settore privato sono definiti dalle norme e prevedono la presenza obbligatoria presso il proprio domicilio nelle fasce orarie dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00, sette giorni su sette, inclusi i giorni festivi. Come spiega la rivista Lavoro e Diritti gli orari delle visite fiscali dal 2024 sono gli stessi anche per i dipendenti pubblici.
Il datore di lavoro sia privato che pubblico ha la facoltà di richiedere all’INPS una vista di controllo domiciliare al lavoratore in malattia. Il servizio disponibile (a pagamento) sul sito dell’Istituto è denominato Richiesta Visite Mediche di Controllo (Polo unico VMC).
La mancata presenza del lavoratore durante la visita fiscale senza un giustificato motivo può comportare conseguenze disciplinari, la riduzione o la sospensione del trattamento economico. Questo tipo di controllo si aggiunge ai possibili accertamenti del datore di lavoro.
La sentenza n. 21766/2024 della Cassazione chiarisce ulteriormente il delicato equilibrio tra il diritto del datore di lavoro a tutelarsi da potenziali abusi e il diritto del lavoratore alla privacy. L’utilizzo di investigatori privati per verificare la sussistenza di una malattia è legittimo solo se finalizzato a tutelare l’interesse aziendale e nel rispetto delle garanzie previste dall’ordinamento. La proporzionalità e la non invasività dei controlli rappresentano le chiavi per evitare che si trasformino in un’indebita intromissione nella vita privata del dipendente.
Al contempo, il quadro normativo sulle visite fiscali INPS evidenzia ulteriormente l’importanza di rispettare le norme previste in caso di malattia. Essere reperibili negli orari indicati è un obbligo che i lavoratori devono adempiere con serietà, poiché la mancata osservanza può avere ripercussioni economiche e disciplinari. In definitiva, questa sentenza e le disposizioni connesse offrono una chiara guida su come bilanciare diritti e doveri, evitando abusi e garantendo trasparenza nei rapporti di lavoro.