Da giovedì 15 ottobre, dopo la pausa stabilita per l’emergenza coronavirus, riprenderanno sia le notifiche delle cartelle di pagamento che le azioni esecutive o cautelari. In poche parole, chi non ha saldato i debiti verso l’Agenzia delle Entrate e gli Enti territoriali (Comuni e Regioni) torna a rischiare il pignoramento.
In pratica, dopo le spese negli ultimi mesi, torna la possibilità per le Casse dello Stato di rimpinguarsi e di coprire, quindi, quanto soprattutto versato. Pertanto, ad esempio, c’è il rischio del pignoramento del conto corrente però, ricordiamo, ciò può avvenire solo nella misura del 50% della giacenza nel caso in cui risulti cointestato.
Da ricordare, poi, che il debitore può continuare a disporre dei beni che sono oggetto di pignoramento, tranne venderli o distruggerli. Il pignoramento, inoltre, può essere immobiliare (se ha per oggetto, ad esempio, una casa), mobiliare (in caso di oggetti mobili) o presso terzi (crediti e/o beni del debitori che sono nella disponibilità di terzi).
Poi, sono pignorabili i redditi fino a un massimo del 20% del loro importo e non possono essere pignorati in una casa i beni considerati fondamentali per la vita di tutti i giorni, come il letto, il tavolo, le sedie, i frigoriferi, gli armadi, la biancheria…
Lo Stato non può toccare né i sussidi né le pensioni minime e né espropriare oggetti quali l’anello nuziale, strumenti che servono per svolgere una professione, oggetti di culto. E non possono essere sottratti gli animali da compagnia (ma sì quelli allevati per fini produttivi, alimentari o commerciali). Infine, non possono essere pignorati i viveri e combustibili necessari per il sostentamento di un mese e le polizze assicurative.