Nel carcere di Evin, simbolo della repressione iraniana, Cecilia Sala, giornalista italiana del Foglio e di Chora Media, vive una situazione di estrema precarietà. Arrestata il 19 dicembre, è costretta a dormire per terra con due coperte: una per il pavimento e l’altra per ripararsi dal freddo. Nella sua cella, priva di un materasso, è sottoposta alla luce neon accesa 24 ore su 24. Privata dei suoi occhiali da vista, Sala non ha ricevuto alcun pacco contenente beni di prima necessità, libri o abiti caldi.

Le comunicazioni con l’esterno

In 14 giorni, Cecilia ha avuto un solo incontro, di 30 minuti, con l’ambasciatrice italiana Paola Amedei. Successivamente, le sono state concesse tre telefonate: una ai genitori e una al compagno, il giornalista Daniele Raineri. Durante queste chiamate, la reporter ha sottolineato l’urgenza della sua liberazione, ripetendo: “Fate presto”.

Promesse disattese dalle autorità iraniane

Le autorità di Teheran avevano assicurato un trattamento “dignitoso”, ma la realtà descritta dai familiari e riportata dal Corriere della Sera rivela condizioni assimilabili a quelle riservate alle detenute politiche. Sala viene sorvegliata senza mai vedere le guardie, che le passano il cibo attraverso una fessura della porta. La sua dieta si limita a pochi alimenti, tra cui datteri.

Reazioni del governo italiano

Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha dichiarato su X: “Il Governo lavora incessantemente per riportarla a casa. Pretendiamo che vengano rispettati tutti i suoi diritti”. Tajani ha inoltre convocato l’ambasciatore iraniano a Roma per discutere il caso.

Appelli dalla politica italiana

Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, ha esortato la premier Giorgia Meloni a convocare una riunione con i leader di maggioranza e opposizione per affrontare la questione: “Cecilia deve essere liberata subito e tutti insieme dobbiamo fare la nostra parte. Non c’è un minuto da perdere”. Renzi ha ribadito l’urgenza di un intervento collettivo e ha offerto pieno supporto al governo.

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