Il Partito Democratico ha presentato una proposta di legge costituzionale per sostituire il nome “Camera dei deputati” con “Camera delle deputate e dei deputati“.
A depositare il testo agli uffici di Palazzo Montecitorio sono stati i parlamentari Gian Antonio Girelli e Sara Ferrari.
“Con questa proposta di legge costituzionale – scrivono i deputati nell’illustrazione del testo – si vuole intervenire per aggiornare il nome attualmente vigente “Camera dei deputati”, in “Camera delle deputate e dei deputati”, riconoscendo nella definizione di tale ramo del Parlamento una concreta parità di genere”.
“Cambia la realtà, – aggiungono – cambia la cultura, cambia la lingua che serve a descrivere il mondo nel quale viviamo. E il nuovo nome che si intende attribuire va proprio in questa direzione”.
Per Girelli e Ferrari è ormai “superata” la dizione attuale e spiegano: la Camera ha bisogno di essere “smaschilizzata”.
“Il Parlamento italiano – proseguono – potrebbe ben essere il pioniere di un cambiamento, non solo nominalistico, ma come vero cambio di paradigma, di mentalità, introducendo nella denominazione di uno dei rami del Parlamento, un dato di parità di genere”.
Nel primo e unico articolo della proposta di legge Costituzionale si chiede anche che la modifica entri in vigore dalla prossima legislatura.
Girelli: “Cambiare nome alla Camera è solo punto di partenza”
Gian Antonio Girelli, firmatario della legge Costituzionale che propone di modificare il nome della Camera, ha spiegato: “È una iniziativa che parte da me e dalla collega Sara Ferrari, mossa dalla volontà di provocare un concreto cambio di approccio riguardo la parità di genere. Tante parole, scarse norme se non addirittura passi indietro. Iniziare in modo non solo simbolico, ma anche rispettoso del tempo in cui viviamo, con la denominazione non è un punto di arrivo, ma di partenza per apportare le novità legislative necessarie per costruire una vera parità di genere. In tutti i sensi. E a chi ironizza sulle priorità e sulla incapacità di fare opposizione, rispondo che il tema del reale riconoscimento di parità è tutto da conquistare, e rimane una priorità perché i diritti sono diritti, non ‘opzioni’ da rimandare. Inoltre, è strano vedere l’attenzione messa su questa proposta, e la completa disattenzione riguardo altre proposte: ne ho presentate altre 7 e cofirmate altre 77, in tema di sanità, sociale, zone montane…”.
“Forse – aggiunge – è chi ‘giudica’ tanto superficialmente che non ha chiare le necessità del Paese, ma insegue solo il tentativo di innescare polemiche che non inseguo. Con tutti i limiti, ho sempre badato alla concretezza delle proposte, non ad inutili contrapposizioni che più che ideologiche mi sembrano ‘senza’ idee”.
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