Armita Geravand, una giovane di 16 anni, è deceduta a Teheran, in Iran, dopo essere rimasta in coma per 28 giorni. La sua morte è stata il culmine di un’aggressione avvenuta nella metropolitana della capitale iraniana.
Armita Geravand è stata ricoverata nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Fajr di Teheran dopo l’incidente. Testimoni oculari, intervistati dal Guardian, hanno raccontato che Armita è stata coinvolta in un alterco con la polizia morale nella metropolitana perché non indossava il velo islamico. Secondo quanto riportato, la giovane è stata oggetto di violenza fisica che ha causato un’emorragia intracranica.
Tuttavia, le autorità iraniane hanno fornito una versione differente degli eventi. Hanno sostenuto che Armita è svenuta a causa di un improvviso calo della pressione sanguigna, sbattendo violentemente la testa a terra.
Ci sono segnalazioni che suggeriscono che i genitori e i compagni di classe di Armita siano stati sottoposti a pressioni per ripetere la versione ufficiale dell’incidente nelle interviste pubblicate dai media statali. Tra l’altro, lo scorso 5 ottobre, Shahin Amadi, la madre di Armita, è stata arrestata dopo aver protestato contro le forze di sicurezza per non averle permesso di visitare la figlia in ospedale. Successivamente, alle autorità è stato concesso di vedere la figlia solo poche volte.
Armita Geravand era originaria di Kermanshah, una città situata a circa 500 chilometri dalla capitale iraniana, nell’Iran occidentale a maggioranza curda. La famiglia ora chiede che la figlia sia sepolta nella città d’origine ma le autorità vorrebbero che la sepoltura avvenga a Teheran.
La vicenda di Armita ricorda dolorosamente quella di Mahsa Amini, una giovane curdo-iraniana di 22 anni, arrestata lo scorso anno per non aver indossato correttamente l’hijab e poi morta mentre era sotto custodia della polizia. La morte di Mahsa scatenò proteste a livello nazionale che perdurarono per mesi.