La città di Aleppo, un tempo cuore pulsante della Siria, è tornata al centro della guerra civile con una svolta drammatica. I ribelli jihadisti di Hayat Tahrir al Sham (Hts), un gruppo riconosciuto come terroristico dall’ONU, hanno annunciato la conquista di metà della città, che dal 2016 era sotto il controllo del governo di Bashar al Assad, appoggiato dalla Russia.
Secondo il direttore dell’Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr), “metà della città di Aleppo è ora sotto il controllo di Hts e delle fazioni alleate”. L’avanzata è stata resa possibile da una offensiva lampo che ha colpito duramente le forze governative, costrette alla ritirata senza combattere.
Il 27 novembre, i ribelli hanno lanciato l’operazione Dissuasione dell’aggressione, che ha portato alla conquista di quartieri strategici di Aleppo e di circa 65 villaggi e città circostanti. La bandiera della “Siria libera” è stata issata sulla cittadella storica di Aleppo e sulla Moschea degli Omayyadi, simboli chiave della città.
L’offensiva ha aperto un nuovo fronte da Al Bab a Tadif, grazie al coordinamento tra l’esercito nazionale siriano, sostenuto dalla Turchia, e le forze jihadiste, consolidando il controllo su ampie aree nel nord-ovest del Paese.
Per la prima volta dal 2016, l’aeronautica militare russa ha effettuato raid aerei su Aleppo, cercando di contenere l’avanzata jihadista. Tuttavia, i bombardamenti non sono riusciti a fermare l’offensiva, che ha già causato quasi 300 morti tra le forze governative e civili.
Nonostante il supporto militare di Mosca, il regime di Assad sembra in difficoltà. La perdita di Aleppo rappresenterebbe un colpo devastante sia dal punto di vista strategico che simbolico, indebolendo ulteriormente il controllo del governo centrale.
Oltre ad Aleppo, i ribelli hanno preso il controllo di Saraqib, una città strategica situata nel nord-ovest della Siria. Questa conquista rafforza il corridoio territoriale tra Idlib e Aleppo, permettendo agli jihadisti di consolidare le loro posizioni e migliorare i rifornimenti.
Rami Abdel Rahman, direttore del Sohr, ha definito la situazione “caotica” e in rapido mutamento. “L’avanzata jihadista rappresenta la maggiore sconfitta per il regime dal 2016”, ha aggiunto.
La nuova offensiva ha aggravato la già critica situazione umanitaria. Migliaia di civili sono stati costretti a lasciare le proprie case, cercando rifugio in aree meno esposte agli scontri. Le organizzazioni internazionali hanno espresso preoccupazione per l’escalation del conflitto e per il rischio di nuove violazioni dei diritti umani.