Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato ieri un decreto col quale concede la grazia parziale a Francesca Picilli, donna oggi 44enne, condannata a 10 anni e mezzo di reclusione per il delitto di omicidio preterintenzionale commesso nel 2012, per la quale è stata disposta una riduzione della pena di 4 anni.
Uno dei decreti di grazia parziale firmati ieri dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, riguarda la siciliana Francesca Picilli, che nella notte tra il 4 e il 5 marzo 2012, a Sant’Agata di Militello, nel Messinese, durante una lite ferì al torace, con un coltello a serramanico, il proprio fidanzato, Benedetto Vinci che, ricoverato in ospedale, morì dieci giorni dopo a causa di quella ferita.
Il ragazzo, inizialmente non era apparso in gravi condizioni, tanto che lui stesso dichiarò che la fidanzata (nel frattempo arrestata per tentato omicidio), non aveva avuto l’intenzione di ucciderlo.
Vinci venne poi ricoverato all’ospedale Cervello di Palermo e venne dimesso dopo una settimana. Tuttavia pochi giorni dopo morì, nella notte del 14 marzo 2012, dieci giorni dopo l’accoltellamento. L’autopsia stabilì che ad ucciderlo fu quella coltellata al torace che aveva provocato un aneurisma dell’arteria con conseguente rottura della stessa.
La donna (prima accusata di omicidio volontario) fu condannata in primo grado a 18 anni per omicidio preterintenzionale, ridotti in appello dai giudici di Messina a 14 anni. La Cassazione, a maggio 2018, annullò con rinvio.
A novembre 2018, il nuovo appello di Reggio Calabria ridusse la pena a 10 anni e 6 mesi di reclusione. A Reggio Calabria furono riconosciuti all’imputata le attenuanti generiche, perché la donna, nel corso della lite, non colpì il fidanzato con l’intenzione di ucciderlo. Dieci mesi dopo, scattato l’ordine di carcerazione, la donna si è costituita.
Il suo legale, l’avvocato Nino Favazzo, ha sempre attribuito responsabilità mediche al decesso della vittima. Adesso la riduzione di 4 anni con la grazia parziale firmata dal presidente Mattarella.
Le rimarrà da espiare una pena non superiore a quattro anni di reclusione, “limite che consente al Tribunale di sorveglianza l’applicabilità dell’istituto dell’affidamento in prova al servizio sociale (art. 47 dell’ordinamento penitenziario). Nel valutare le domande di grazia, il Presidente della Repubblica ha tenuto conto del positivo comportamento tenuto dai condannati durante la detenzione e della circostanza che il percorso di rieducazione sino ad ora compiuto dai predetti potrebbe utilmente proseguire – qualora la competente Autorità giudiziaria ne ravvisasse i presupposti – con l’applicazione di misure alternative al carcere”.