Messina

La truffa dei crediti del superbonus 110% e i contributi statali mai avviati, la truffa del medico di base nel Messinese

Proponeva ai pazienti contributi statali per lavori mai avviati. E’ questa l’accusa ad un medico, della guardia di finanza di Messina, nell’ambito di articolate indagini a contrasto delle frodi fiscali in materia di crediti d’imposta, sta dando esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare personale e reale emessa dal gip peloritano, su richiesta dalla procura messinese, a carico di 6 persone, ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere dedita alla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, indebite compensazioni fiscali ed autoriciclaggio. Di questi, un un provvedimento custodiale in carcere e cinque misure degli arresti domiciliari.

Le fiamme gialle hanno proceduto anche al sequestro di beni per 37 milioni di euro. I particolari dell’operazione sono stati resi noti nel corso di una conferenza stampa presso gli Uffici della Procura alla presenza del procuratore Capo di Messina Antonio D’Amato.

Le indagini partite da una denuncia

Le investigazioni si sono focalizzate su un complesso sistema fraudolento ideato per lucrare sui benefici fiscali introdotti dal decreto Legge 34 del 2020 – cosiddetto decreto “Rilancio” e dalle successive integrazioni, hanno avuto origine da una denuncia presentata alle Fiamme Gialle da un privato cittadino, che è stato informato da un funzionario dell’Agenzia delle Entrate dell’inserimento, nel proprio cassetto fiscale, di crediti d’imposta per un controvalore di ben 1,3 milioni di euro, riconducibili a lavori di ristrutturazione edilizia, in realtà mai eseguiti.

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Le agevolazioni riconducibili al Superbonus 110%

Sulla base dei primi accertamenti, quindi, i finanzieri del gruppo della guardia di finanza di Messina hanno accertato che le agevolazioni fiscali segnalate, riconducibili al Superbonus 110%, risultavano cedute, tramite la piattaforma denominata “cessione crediti” dell’Agenzia delle Entrate, ad una società, avente ad oggetto la locazione di beni immobili, poi risultata priva di personale e strutture idonee all’esercizio dell’attività.

Accertamenti bancari e perquisizioni

Indagini più approfondite, consistite nello svolgimento di attività tecnica, accertamenti bancari e perquisizioni locali, hanno consentito di ricostruire ulteriori ingenti crediti, inseriti nei sistemi informatici da un unico soggetto e ceduti da soggetti privati, sempre alle medesime società messinesi riconducibili a persone facenti parte di un solo nucleo familiare.

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Attività criminale ruotava attorno ad un medico

L’attività criminale ruotava intorno ad un medico di medicina generale di Messina che, sfruttando il rapporto di fiducia che intercorreva con i suoi pazienti, prospettava loro la possibilità di ottenere i contributi statali “Ecobonus” e “Superbonus”, per ristrutturare immobili di loro proprietà.

A tal fine invitava i pazienti a rilasciargli le c.d. credenziali “Spid” – il Sistema Pubblico di Identità Digitale con cui usufruire dei servizi online della Pubblica Amministrazione – così da potere accedere, da remoto, al loro cassetto fiscale, a consegnargli i documenti d’identità, a consentirgli la facoltà di accesso alle caselle di posta elettronica, a conferirgli mandato per la gestione dello smobilizzo dei crediti di imposta conto terzi.

Lavori mai avviati

In altri termini, a fronte di lavori mai avviati, il medico, grazie al fondamentale apporto tecnico di un commercialista, operando da remoto nei cassetti fiscali degli ignari pazienti cedenti, riusciva a svolgere la procedura istruttoria dell’Agenzia delle Entrate, mediante l’apposizione dell’obbligatorio “visto di conformità” per far confluire la cessione del credito d’imposta nella piattaforma web “cessione crediti”.

I fittizi crediti così creati venivano poi ceduti ad altre quattro soggetti, tra cui quattro società riferibili al medico ed a suoi parenti, al fine di consentirne la monetizzazione, ovvero la compensazione fiscale con debiti reali.

Sequestrati 37 milioni di euro

Il giudice della cautela ha anche disposto la misura cautelare del sequestro preventivo di oltre 37 milioni di euro, in parte ancora giacenti, sotto forma di crediti, sulla relativa piattaforma telematica, pari ai profitti generati attraverso l’attività criminosa oggetto d’indagine.

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