Corruzione nell’appalto di riqualificazione del torrente Bisconte Catarratti, finanziamenti illeciti utilizzati anche per la campagna elettorale. Indagine della procura guidata da Antonio D’Amato e del comando provinciale della Guardia di Finanza di Messina che ha dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di tre soggetti, die dei quali, destinatari della misura degli arresti domiciliari, e uno di questi è il commissario contro il dissesto idrogeologico e consigliere comunale Maurizio Croce finito ai domiciliari, mentre per un terzo c’è misura interdittiva della capacità di contrarre con la Pubblica Amministrazione), indagati, a vario titolo, per una serie di fatti corruttivi concernenti l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti, promossi dal Commissario di Governo contro il dissesto idrogeologico per la Regione Sicilia.

L’indagine

L’indagine scaturiva dal controllo disposto dal Prefetto di Messina, eseguito dal Gruppo Interforze, ai sensi dell’art. 93, Testo Unico Antimafia del 2011 (strumento di prevenzione delle infiltrazioni della criminalità organizzata di tipo mafioso negli appalti pubblici), presso il cantiere dei lavori di “riqualificazione ambientale e risanamento igienico dell’alveo del torrente Cataratti – Bisconte e opere varie nel Comune di Messina”.

Posto in evidenza il ruolo di un soggetto, gestore e rappresentante di fatto dell’impresa esecutrice, cui risultava affidato il cantiere; soggetto che, da ulteriori accertamenti, risultava essere già stato indagato per traffico di influenze illecite, aggravata dal metodo e dalla finalità mafiosi, nell’ambito di indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro alcuni anni fa.

Sulla base di quanto inizialmente emerso, la Guardia di Finanza del gruppo interforze aveva avviato ulteriori approfondimenti investigativi, per esaminare le modalità di gestione dell’appalto pubblico. Venivano, conseguentemente, approfondite le investigazioni, anche di natura tecnica, sotto la direzione e il coordinamento della procura di Messina, che, immediatamente, facevano emergere il coinvolgimento di componenti della stazione appaltante, pubblici ufficiali, in accordi illeciti con il gestore dell’impresa esecutrice dei lavori.

Mazzetta e Rolex

In dettaglio, gli accertamenti di polizia giudiziaria consentivano di svelare l’esistenza di un rapporto privilegiato, consolidatosi nel tempo, tra il vertice della struttura commissariale e il rappresentante legale dell’impresa esecutrice dei lavori. Quest’ultimo, infatti, al fine di ottenere una più favorevole e celere gestione delle fasi esecutive dell’appalto, ovvero di garantirsi future commesse pubbliche, in accordo con il vertice della struttura commissariale, prometteva ed erogava utilità varie ai funzionari incaricati di sovrintendere all’opera e, segnatamente, sia al direttore dei lavori che al funzionario incaricato di validare i lavori svolti. Concretamente, le utilità consistevano nell’effettuazione di lavori edili presso abitazioni private risultate nella disponibilità dei medesimi funzionari pubblici, per importi complessivi quantificati in circa 80 mila euro; nel caso del funzionario impiegato direttamente presso la Struttura Commissariale, nel pagamento di tasse universitarie, per un corso di laurea che lo stesso funzionario intendeva frequentare, per un valore di oltre 7 mila euro.

Si appurava che lo stesso vertice della Struttura Commissariale, avendo preso parte a una competizione elettorale, aveva ricevuto dall’imprenditore, per il tramite di un fidato intermediario, benefici economici sotto forma di finanziamenti, illeciti, della campagna elettorale, per oltre 60 mila euro. In questo senso, per congiurare il rischio della ricostruzione della provenienza dei finanziamenti, l’imprenditore, attraverso un meccanismo di fatturazione per operazioni inesistenti, solo formalmente, intestate alla contabilità dell’appalto pubblico, aveva costituito la provvista finanziaria in capo ai responsabili di ulteriori imprese, con cui aveva ordinari rapporti economici, affidando loro il compito di effettuare i pagamenti a sostegno della campagna elettorale.

Gli illeciti

Da qui la contestazione provvisoria, mossa agli indagati, anche del delitto di illecito finanziamento ai partiti, di cui alla legge 195 del 1974, essendo emerso che i contributi venivano corrisposti, senza che degli stessi vi fosse traccia nelle deliberazioni sociali e nei bilanci delle ditte private coinvolte.

Queste condotte, inoltre, chiarivano la volontà dell’imprenditore di tentare di reperire le risorse utili alla conclusione degli accordi corruttivi, facendole pesare direttamente e indebitamente sui costi dell’appalto pubblico, di cui era affidatario.

Il rappresentante di fatto della società affidataria dell’appalto – secondo l’accusa – aveva acquistato un orologio Rolex Daytona del valore di oltre 20 mila Euro in favore della persona che “intermediava” le dazioni illecite a favore della campagna elettorale ed effettuava, sempre a beneficio di quest’ultimo, lavori di ristrutturazione presso un noto negozio di abbigliamento sito in Messina, per un valore di oltre 30 mila euro; e ciò al fine di remunerarne l’illecita attività.

Da ultimo, sempre su richiesta del vertice della struttura commissariale, e, in questo specifico caso, con l’intermediazione di un diverso soggetto privato legato da rapporti di fiducia al Commissario, la società appaltatrice effettuava importanti lavori di messa in sicurezza presso una rinomata struttura ricettiva privata, per un importo di quasi 100 mila euro.

In conseguenza dei molteplici illeciti attribuiti al rappresentante legale della società affidataria dell’appalto pubblico, sono stati contestati alla stessa compagine privata gli illeciti di cui al decreto legislativo 231 del 2001 (Responsabilità amministrativa dell’impresa derivante dalla commissione di reati dei propri amministratori o dipendenti).

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