Arrestato il presunto piromane che nel settembre scorso appiccò un incendio nel Messinese rischiando di causare una vera e propria strage. Le indagini portate avanti dai carabinieri della Radiomobile di Patti e della locale stazione. A finire agli arresti domiciliari un dipendente del Comune di Librizzi, con le mansioni di addetto all’acquedotto ed operaio manutentore. Ad emettere la misura cautelare il Gip del tribunale di Patti, Ugo Molina con l’accusa di tentato incendio boschivo.

L’incendio risale al 17 settembre

I fatti si riferiscono al 17 settembre scorso quando una vasta area boschiva di circa 100 metri quadri, sottoposta a vincolo in contrada S.Opolo a Librizzi e che costeggia la strada provinciale Patti-San Piero Patti, veniva interessata da un violento incendio. L’area interessata dal fuoco, ricca di sterpaglie e macchia mediterranea, era posta a poca distanza da un insediamento abitativo composto da circa 10 nuclei familiari. Alcuni di loro avevano installato all’esterno delle loro abitazioni dei bomboloni di gas, con conseguente grave pericolo di propagazione dell’incendio anche verso quell’insediamento. L’incendio si palesava da subito di estrema gravità e si dimostrava di chiara origine dolosa.

L’ordinanza del Gip

Il Gip nella sua ordinanza sottolineava: “… Senza il tempestivo e provvidenziale intervento dei primi soccorritori, le fiamme avrebbero potuto propagarsi irrefrenabilmente. Con elevata potenza distruttrice, alle circostanti aree boschive, alle aree cespugliate, alla vegetazione di macchia mediterranea e alle abitazioni presenti sui luoghi. L’intensità delle fiamme, l’elevata inclinazione del pendio in cui si è sviluppato l’incendio e la fitta vegetazione esposta al fronte del fuoco avrebbero potuto determinare il veloce e potenzialmente devastante avanzamento delle fiamme. Il massiccio dispiegamento di mezzi e uomini, che si è reso necessario per domare l’avanzare delle fiamme, è conferma della capacità offensiva delle fiamme sprigionatesi. Ed è indicativo della potenza distruttrice che avrebbe assunto il fronte di fuoco nel suo incontrollato propagarsi”.

Le accuse

Per appiccare il fuoco quindi ci sarebbe stato secondo gli inquirenti un “chirurgico” posizionamento dell’innesco alle pendici di una collina, ai piedi di una scarpata ad elevata pendenza, a ridosso di una sede stradale circondata da vegetazione. Le indagini svolte dai carabinieri, in particolare alcuni filmati registrati da videocamere appositamente predisposte, hanno “inequivocabilmente – scrivono i militari dell’arma – dimostrato come l’indagato si sia responsabile dell’insano gesto, mentre era alla guida dell’autovettura a lui in uso”. In particolare dai filmanti emergeva che alle 18:43 di quel 17 settembre sopraggiungeva sui luoghi una Bmw e il conducente della autovettura allungava il braccio dal finestrino lato guida e lanciava alle pendici della collina, verso la vegetazione, un innesco. Era costituito da una piccola palla di colore bianco infuocata. Appena a terra, l’innesco rotolava, si fermava nella vegetazione e subito iniziavano a sprigionarsi le fiamme.

La collaborazione

Le indagini si sono avvalse anche della fattiva collaborazione di alcuni volontari dei servizio di anti-incendio. I quali, oltre a partecipare attivamente alle operazioni di spegnimento, avevano in precedenza, di propria iniziativa, acquistato ed installato sulla pubblica via alcune foto-video trappole. I   successivi accertamenti svolti dai carabinieri hanno consentito di acclarare ulteriormente la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato. II Gip ha applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.

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