Operazione antimafia nelle province di Messina, Catania e Palermo, dei carabinieri del Ros con il Comando Provinciale Carabinieri di Messina hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Messina su richiesta della locale dda, guidata dal Procuratore, Maurizio de Lucia, nei confronti di 8 soggetti accusati di associazione di tipo mafioso, traffico di influenze illecite, estorsione e turbata libertà degli incanti, aggravati dal cd. metodo mafioso, poiché commessi per agevolare l’attività del gruppo Romeo Santapaola.
Sono stati arrestati Antonio Lipari, 41 anni nato a Messina, Salvatore Lipari, 44 anni, nato a Messina, Giuseppe La Scala, 51 anni, nato a Messina, Giovanni Marano, 46 anni, nato a Catania, Michele Spina, 46 anni nato ad Acireale, Ivan Soraci, 43 anni, nato a Messina, Maurizio Romeo, 38 anni, nato a Messina e Salvatore Parlato, 62 annni nato a Francofonte (Sr)
Le indagini, avviate nel 2017, costituiscono lo sviluppo dell’operazione Beta, eseguita nel luglio dello stesso anno e che aveva documentato l’operatività nel capoluogo peloritano di una cellula di cosa nostra catanese, diretta emanazione della più nota famiglia mafiosa dei Santapaola e sovraordinata rispetto ai clan che tradizionalmente operano nei quartieri cittadini.
L’esistenza e l’operatività delle famiglie mafiose sono state recentemente confermate dal Gup di Messina che, in sede di giudizio abbreviato, ha inflitto pesanti condanne ai principali esponenti del sodalizio.
Grazie alle attività investigative, costitute da servizi tecnici ed attività di riscontro alle recenti dichiarazioni del collaboratore Biagio Grasso, è stato possibile far luce su ulteriori vicende associative e settori di interesse della consorteria.
In particolare, sono stati documentati: il controllo della distribuzione dei farmaci in Sicilia e Calabria e l’imposizione, sfruttando la capacità di intimidazione del sodalizio, dell’acquisto di farmaci da parte delle farmacie dislocate sul territorio di Messina. La commissione di azioni punitive mediante l’uso delle armi e/o della violenza, nei confronti di esponenti di clan cittadini rivali, e di danneggiamenti. La gestione, nell’interesse del sodalizio, del settore dei giochi e delle scommesse illegali.
Il traffico di influenze illecite, aggravato dal metodo mafioso, poiché i membri dell’associazione promettevano la somma di 20.000 euro a titolo di acconto da corrispondere ad un funzionario della società Invitalia (ex sviluppo italia) per ottenere l’inserimento di un progetto contro la ludopatia in una graduatoria che avrebbe dovuto consentire di ricevere un finanziamento di circa 800 mila euro, di cui il 40% – 50% a fondo perduto. L’estorsione ai danni del collaboratore Biagio Grasso, costretto a cedere la propria quota societaria, del valore di 220.000 euro, della P&F s.r.l. con sede a Messina. Ancora la turbativa d’asta commessa da un dipendente dell’ufficio urbanistica del comune di Messina, nell’interesse del gruppo criminale, alterando la gara – indetta dal predetto comune nel 2014 – per l’acquisto sul libero mercato di alloggi da assegnare in locazione agli abitanti delle novantacinque baracche della zona di Messina denominata “Fondo Fucile”.
Nel medesimo contesto, è stata data esecuzione al sequestro preventivo della Bet s.r.l., società con sede a Catania, operante nel settore dei giochi e delle scommesse.
L’attività investigativa ha confermato l’immagine di un’entità criminale capace di proiettare i propri interessi in diversi settori dell’imprenditoria, che non si è limitata a sfruttare parassitariamente, ma che ha pesantemente infiltrato e finanziato. Il tutto, ancora una volta, grazie alla particolare capacità d’interlocuzione con professionisti ed ambienti istituzionali, in un percorso trasversale in cui il ricorso alla violenza è rimasto sullo sfondo, limitato ai momenti di particolare criticità e nei rapporti con i clan di quartiere.
Tra gli episodi ricostruiti, singolare il tentativo da parte di un gruppo che concentrato i propri interessi sul settore dei giochi e delle scommesse, di accedere ad un bando per la realizzazione di un progetto contro la ludopatia che avrebbe fruttato ingenti somme. Gli interessi della criminalità organizzata in tale lucroso settore emergono, inoltre, i maniera eclatante, da una conversazione ambientale registrata nel 2014, nel corso della qualeVincenzo Romeo, il cui ruolo direttivo è stato recentemente confermato dalla sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato, a proposito delle concessioni per i centri scommesse, affermava: “… a Trapani lo ha per dire il nipote di Matteo (ndr: Matteo Messina Denaro), là ce l’hanno quelli la, i Graviano, quello là per dire Totò Riina …dove… (ine.)… il genero di coso … no vero, la figlia di Lo Piccolo aveva il tabacchino con la Better , no, no vero”.
Particolarmente rilevante l’infiltrazione nel settore della distribuzione di farmaci, che ha visto confermati i legami tra il gruppo Romeo con il clan catanese dei Santapaola e che avrebbe preso forma nel corso di una cena tenutasi a Messina nel 2014, a cui avrebbero partecipato i vertici della società interessata ed esponenti del sodalizio, tra cui Vincenzo Romeo che, nell’occasione, sarebbe stato presentato come “un imprenditore in vari settori e parente diretto di Nitto Santapaola, con interessi economici a Messina, Catania ed in buona parte della Sicilia Orientale”.
Tra i progetti del gruppo, la creazione di un hub per la distribuzione di farmaci nell’hinterland di Milazzo (ME), che avrebbe aumentato esponenzialmente le potenzialità di intervento nello specifico settore. Addirittura, in una circostanza, confermata dall’interessato, ad un farmacista in difficoltà poiché in debito la società fornitrice, sarebbe stato “consigliato” di “farsi prestare i soldi dalla malavita”.
È emerso, infine, che il sodalizio aveva la capacità di incidere anche sull’espressione del voto in alcune zone della città di Messina. Emblematica, a tal fine, l’affermazione di Francesco Romeo, captata nel 2015 dalle intercettazioni, che, dialogando col figlio Vincenzo, commentava le vicende elettorali di uno dei destinatari dell’odierna misura cautelare che, all’epoca, si era candidato alle elezioni amministrative: “se non era per noi altri i voti dove li prendeva nella funcia… (nel muso, ndr) “le casette” tutti me li hanno dati i voti… ”.
“Con riferimento alle notizie di stampa sul presunto coinvolgimento di un funzionario di Invitalia nelle vicende che hanno portato all’operazione ‘Beta’in Sicilia, si precisa che dalle informazioni attualmente disponibili non risulta indagato né implicato alcun dipendente di Invitalia”. Lo afferma la stessa Invitalia in una nota. “Tuttavia, qualora emergessero profili di responsabilità personale, Invitalia ha già dato mandato ai suoi legali per intraprendere ogni azione legale tesa a tutelare il buon nome e il corretto operato dell’Agenzia e a costituirsi parte lesa nell’eventuale procedimento giudiziario”.