Arriva la sentenza sull’inchiesta “Corsi d’oro”, nata per lo scandalo della formazione professionale in Sicilia. Le accuse contestate a vario titolo erano di associazione finalizzata al peculato e alla truffa, reati finanziari e falsi in bilancio connessi alla gestione degli enti di formazione professionale, peculato, truffa e tentativo di truffa.
La sesta sezione della Cassazione si è pronunciata nella tarda serata di ieri confermando l’associazione a delinquere per gli imputati, dichiarando prescritte le accuse di truffa e rigettando il ricorso della Procura di Messina sul peculato. Le accuse contestate a vario titolo erano di associazione finalizzata al peculato e alla truffa, reati finanziari e falsi in bilancio connessi alla gestione degli enti di formazione professionale, peculato, truffa e tentativo di truffa.
In questo primo troncone erano 11 gli imputati, tra cui Chiara Schirò, moglie dell’ex parlamentare di Fi Francantonio Genovese, e Daniela D’Urso, moglie dell’ex sindaco Giuseppe Buzzanca.
Ridotta la pena a due anni e sei mesi per Elio Sauta, presidente dell’Aram, cassata senza rinvio la condanna di Daniela D’Urso, mentre resta in piedi l’associazione a delinquere per Chiara Schirò, moglie di Genovese, la cui pena dovrà essere rideterminata dalla Corte di Reggio Calabria.
In secondo grado i giudici avevano ridotto le condanne per l’ex consigliere Elio Sauta a 5 anni, per la moglie Graziella Feliciotto a 2 anni e 2 mesi, per Chiara Schirò, moglie dell’ex parlamentare Francantonio Genovese, a un anno e 8 mesi, per l’ex assessore Melino Capone ad 8 mesi (questi ultimi due entrambi pena sospesa). Prescrizione per Salvatore Giuffrè. Sempre in secondo grado erano state confermate le condanne a un anno per Concetta Cannavò, un anno e cinque mesi per Natale Lo Presti, un anno e quattro mesi a Nicola Bartolone, sei mesi a Carlo Isaja, quattro mesi a Daniela D’Urso, moglie dell’ex sindaco Buzzanca, tre mesi infine a Daniela Pugliares.