Da Roma a Londra, passando per Bologna, Torino, Oxford, Liverpool, ha sempre lasciato il segno delle sue ricercate interpretazioni.
E’ Sergio Beercock, giovane inglese dalle origini siciliane che ha esorodito con il primo album “Wollow” (800A Records), ben accolto dalla critica e dal pubblico che si è fatto sempre più numeroso ai suoi live.
A sancire quanto di buono fatto fino ad ora, è arrivata la vittoria del contest “Avanti il prossimo”, che permetterà al cantautore e polistrumentista anglo-italiano di esibirsi il prossimo 11 agosto all’Ypsigrock Festival, sul palco “Ypsi & Love”; uno degli appuntamenti musicali, giunto alla 21^edizione, più attesi in Italia e in Europa. Ancora, il 7 agosto, sarà tra i protagonisti dell’Indiegeno Fest 2017, nei pressi Tindari (alle Grotte di Mongiove) in un luogo unico al fianco di grandi esponenti del cantautorato italiano come Brunori Sas e Carmen Consoli.
Questi due importanti appuntamenti celebrano il nuovo slancio sperimentale di Beercock, la ricerca di un nuovo sound con cui Sergio si discosta progressivamente dalla radice folk nordica per assecondare un sapore nettamente più elettronico e legato al soul-jazz con cui è cresciuto.
Ancora uno slancio artistico per Sergio Beercock, che si distingue anche come attore e regista, e dirige insieme a Noa Di Venti la compagnia Bottega di Mastro Porpora, i suoi spettacoli e le sue colonne sonore che hanno appena debuttato al Santarcangelo Festival e a Primavera dei Teatri, per giungere alla finale del 30° Premio Scenario a luglio 2017.
Sergio Beercock, nato nel 1990 a Kingston upon Hull in Inghilterra da madre siciliana e padre inglese, è un artista poliedrico che, nonostante la giovane età, si muove con disinvoltura tra musica e teatro. “Wollow” è nato al culmine di un periodo intenso che lo ha visto impegnato prima in tour teatrali con spettacoli molto apprezzati, e poi in una full immersion artistica, durante un periodo di residenza artistica all’interno del nuovo spazio Indigo Music, che lo ha portato a concepire questo primo album: un viaggio tra i luoghi, i suoni e i colori che più lo hanno influenzato, i borghi dello Yorkshire in cui è nato, i casolari rurali della Sicilia in cui è cresciuto, il riverbero delle Ande sudamericane che ha scoperto da adolescente, e i sobborghi urbani delle grandi città e le loro innumerevoli storie invisibili. Ha scritto i testi e suonato pressoché tutti gli strumenti coinvolti nell’album: è arrivato in studio armato di guitalele e voce con l’intenzione di “fotografare” ciò che era avvenuto dal vivo nell’ultimo anno. L’incontro artistico con il produttore Fabio Rizzo (già al lavoro con Alessio Bondì, Nicolò Carnesi, Dimartino, il Pan del Diavolo, Fabrizio Cammarata e altri) ha però generato scintille inaspettate, che hanno rivelato un Beercock formidabile polistrumentista in grado di suonare dal charango al pianoforte, dal flauto boliviano ai synth, fino a percussioni di ogni tipo, compreso il proprio corpo.
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