E’ una mafia tradizionale, “ortodossa”, capace di riorganizzarsi nonostante da un decennio sia costantemente colpita dall’azione degli investigatori quella che emerge dall’ultimo blitz di carabinieri e polizia di Messina che ha disarticolato il clan dei “barcellonesi”. In tutto le misure cautelari eseguite sono 40: i carabinieri hanno arrestato 29 persone (22 libere, sette detenute), mentre la polizia ha arrestato 11 persone (otto libere, tre detenute).
L’indagine, denominata Gotha 7, coordinata dalla Dda, nasce dalle attività investigative dei carabinieri della Compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto, della sezione anticrimine di Messina, della Squadra Mobile e del commissariato di Barcellona che presero il via dalle dichiarazioni del pentito Carmelo D’Amico, capomafia arrestato nel 2009, e dei collaboratori di giustizia Salvatore Campisi, Franco Munafò e Alessio Alesci. L’inchiesta, che colpisce presunti vertici e affiliati della fazione più ortodossa e militarmente organizzata della criminalità mafiosa della provincia peloritana, svela i rapporti del clan messinese con esponenti di Cosa nostra palermitana e catanese e rivela come l’organizzazione sistematicamente sia stata in grado di organizzarsi dopo ogni operazione di polizia. Viene fuori inoltre la costante pressione del racket del pizzo su commercianti e imprenditori della zona: sono decine i taglieggiamenti scoperti.
Accertati anche i tentativi di acquisire la gestione e il controllo di attività economiche e appalti pubblici e la presenza di un arsenale di armi micidiali, necessarie al clan per affermare il controllo criminale nell’area.
Sono circa una trentina gli episodi estorsivi ricostruiti dalle indagini dei carabinieri di Messina che oggi hanno arrestato 40 presunti esponenti della mafia di Barcellona Pozzo di Gotto. Alcuni degli indagati per estorsione, sebbene già condannati e sottoposti a misure di sicurezza o sorvegliati speciali, continuavano secondo le indagini a gestire il racket del pizzo. Classico il metodo del clan: prima l’intimidazione, una bottiglia con liquido infiammabile nei pressi della saracinesca dell’esercizio commerciale preso di mira e, successivamente, “l’avvicinamento” della vittima per richiedere il pagamento del “pizzo”, da dare, di norma, in occasione delle festività di Natale, Pasqua e Ferragosto.
Come è emerso dalle indagini, oggetto delle estorsioni, spesso, non era il solo “pizzo” ma anche il tentativo di subentrare nei lavori pubblici, imponendo agli imprenditori titolari degli appalti il subappalto in favore delle ditte controllate dagli esponenti dell’associazione. In alcuni casi, infine, alcuni titolari di un esercizio commerciale sono stati vittime di rapina: il bottino serviva a finanziare il clan. La mafia che viene fuori dall’inchiesta Gotha 7 è una mafia molto violenta: tre arrestati picchiarono selvaggiamente un imprenditore edile che aveva osato “pretendere” il compenso per una fornitura di calcestruzzo fatta in favore di un mafioso.
Il clan inoltre aveva imposto, attraverso una società di comodo operante nel settore della vigilanza privata, la guardiania a tutti i vivaisti del comprensorio barcellonese (in particolar modo del Comune di Terme Vigliatore), vessati dai continui furti. Nell’ambito dell’indagine è emerso anche il movente della brutale aggressione avvenuta, nel settembre del 2017, in pieno giorno e nel centro della città di Barcellona Pozzo di Gotto nei confronti di un professionista che si era “permesso” di denunciare un’estorsione commessa ai suoi danni da tre membri dell’ associazione, poi condannati a 8 anni. Nel corso delle indagini sono state individuate due società, ritenute riconducibili ovvero di fatto riferibili a 5 esponenti dell’associazione, intestate a due prestanome incensurate.
Nel corso dell’indagine sulla mafia “barcellonese” che ha portato a 40 arresti carabinieri e polizia hanno trovato due arsenali. Il clan aveva la disponibilità di enormi quantità di armi da sparo, comuni e da guerra. Gli inquirenti hanno sequestrato 4 pistole semiautomatiche ed un revolver di grosso calibro, 2 fucili a pompa, un fucile mitragliatore da guerra, centinaia di munizioni di vario genere e calibro. L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Messina Maurizio De Lucia e condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Messina e dalla polizia.
Tra le persone indagate dalla Dda di Messina nell’ambito dell’operazione Gotha 7 che ha portato oggi all’arresto di 40 presunti esponenti del clan “barcellonese” c’è anche l’ex consigliere comunale Francesco Salamone, eletto alle comunali del giugno del 2013 a Terme Vigliatore, comune peloritano, in una lista civica locale e sospeso dalla carica nel 2016 perché coinvolto in un’altra inchiesta di mafia. Fra gli arrestati Antonio Merlino, responsabile di varie estorsioni ai danni di commercianti e esponente mafioso noto.
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