Avrebbe ucciso il fidanzato di soli 25 anni ma l’omicidio non era volontario. Il giovane morì per i postumi di una coltellata infertagli durante una lite dunque la responsabilità è della donna per omicidio involontario e potrebbe essere anche dei medici se l’inchiesta parallela accerterà cure inappropriate come si suppone negli atti trasmessi per una seconda inchiesta.
Con questa accusa è stata condannata a quattordici anni di reclusione la santagatese Francesca Picilli, 30 anni. Sarebbe lei la responsabile della morte dell’ex fidanzato Benedetto Vinci. La Corte d’assise d’appello di Messina (presidente Maria Pina Lazzara, a latere Vincenza Randazzo e composta da cinque giurati popolari) ha condannato la donna assistita dal legale Nino Favazzo ha, comunquneu, diminuito la pena. In primo grado le era stata comminata una condanna a 18 anni. Non le sono state concesse le attenuanti generiche perché ritenuta non meritevole dal sostituto procuratore generale Enza Napoli, che aveva chiesto la condanna a 15 anni dell’imputata, la settimana scorsa a conclusione della requisitoria.
Le parti civili costituite la madre del Vinci, Maria Stella Monacò, le sorelle Angela Florinda e Antonina, assistite dai legali Giuseppe Mancuso e Alessandro Nespola, ottennero in primo grado il riconoscimento di 110 mila euro di provvisionali. La drammatica vicenda risale al marzo 2012, fu lo stesso Benedetto Vinci sentito dai carabinieri all’ospedale di Sant’Agata Militello, il giorno seguente al ferimento, a raccontare cosa fosse realmente accaduto “Vinci riferì agli inquirenti – si legge nelle motivazioni della sentenza di primo grado – di avere incontrato il pomeriggio precedente la sua ex fidanzata, Francesca Picilli e di avere con lei trascorso il resto della giornata.
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