In ogni luogo della Sicilia, non c’è Pasqua senza le tradizionali pecorelle che, a seconda dei luoghi, subiscono delle varianti mantenendo la base comune di pasta mandorle.
A seconda della zona di produzione la tradizionale pecorella pasquale viene realizzata in maniera diversa. A Palermo è composta da pasta di mandorla (reale o di Martorana). Nel Catanese o nel Ragusano è possibile trovarle farcite con pistacchio e zuccata mentre nel Trapanese si trova ripiena con la conserva di cedro dove la forma in bassorilievo è accuratissima nella decorazione. A Messina è facile trovarle a macchie bianche e nere oppure di pasta frolla imbottita con conserva di cedro. Altra variante è quella della provincia di Agrigento dove è possibile trovare gli agnellini rivestiti di “ghiaccia” ovvero glassa bianca.Si tratta di un dolce molto coreografico poiché prevede la pecorella sdraiata su una base verde o color paglia cosparsa di confettini colorati e piccole uova di Pasqua di cioccolato, e infine il labaro, ovvero una bandiera rossa bordata d’oro, conficcato sul dorso, che, in araldica, viene utilizzato per indicare il monogramma di Cristo. Tutte sono preparate con pasta di mandorle.
Che la si chiami pasta di mandorle, “reale” o di Martorana, è sicuro che questo impasto morbido e profumato rappresenta uno dei simboli che meglio identifica il panorama dolciario siciliano, noto in tutto il mondo.
Come la maggior parte delle ricette giunte ai nostri giorni che rappresentano il fiore all’occhiello della gastronomia siciliana, si tratta di una invenzione nata tra le mura dei conventi ad opera delle suore laboriose alla cui fantasia e maestrìa si deve la creazione di questo gioiello della pasticceria.
Come spiega Gaetano Basile nel suo “Dizionario sentimentale della parlata siciliana” la pasta di mandorle, detta anche “piatta”, più celebre era la cosiddetta “frutta Martorana” preparata dalle nobili Signore dell’Ordine di San Benedetto di Palermo. Il Convento fondato nel 1194 da Eloisa Martorana divenne presto noto a tutti i siciliani per i dolci di pasta di mandorla, retaggio di antichi pasticcieri saraceni. Le monache erano molto orgogliose del loro giardino “ricco di ogni sorta di verzure e alberi di ogni frutto” e si narra che abbiano ricevuto senza preavviso la visita di un cardinale curioso di vedere quelle delizie botaniche. In ogni caso l’eminentissimo scelse per la sua visita , il periodo invernale. A questo punto le suorine non si persero d’animo e, come api laboriose, prepararono dei frutti di pasta di mandorle colorati che attaccarono ai rami spogli dei loro alberi riuscendo a prendere in giro il il cardinale. Dopo il 1886, con la soppressione degli Ordini voluta dal nuovo regno sabaudo, le nobili signore cessarono la loro dolce attività che divenne patrimonio dei pasticcieri palermitani. Questa dolce creazione ebbe talmente tanto successo che superò le mura del convento fino ad arrivare alla corte del re. Da quel momento si chiamò “pasta riali” (reale) che viene tradizionalmente esposta nelle vetrine di tutte le pasticcerie i cui maestri pasticceri danno sfogo alla propria fantasia non solo creando tutte le forme possibili di frutta, ortaggi e cibo in genere ma anche, come avviene per Pasqua le pecorelle, simbolo dell’espiazione di Cristo “Agnus Dei” per i peccati del popolo cristiano.